riflessioni

Cambio di rotta

Sulla scia dei successi di molti fotografi italiani, tra cui il mio ex concittadino Giorgio Fochesato che ne ha fatto un vero e proprio lavoro, qualche anno fa ho intrapreso la via del microstock per mettere in vendita alcuni dei miei scatti. Sono conscio del fatto che non tutte le immagini che propongo siano di livello professionale, ma questo tipo di mercato è aperto anche ai fotoamatori come il sottoscritto e per questo mi ero iscritto ad iStockphoto nella speranza di riuscire a finanziarmi almeno in parte l’attrezzatura fotografica.

In questi anni ho avuto qualche piccola soddisfazione… non tanto dal punto di vista economico, ma alcuni dei miei scatti hanno ottenuto una certa visibilità e vedere le proprie immagini pubblicate sulla copertina di un libro o di una rivista fa piacere. Ciò nonostante sono diverse le perplessità che ho maturato e per questo motivo ho deciso di seguire un cambio di rotta. Ecco qualche considerazione…

  1. Il tipo di fotografia di cui mi occupo è poco indicato per il mercato del microstock, che cerca invece prevalentemente immagini di tipo pubblicitario destinate alla realizzazione di brochure, cataloghi, pubblicazioni editoriali, ecc. ed a meno di essere davvero bravi, saranno pochi i download di fotografie  che non fanno parte di questo genere. Tant’è che la mia immagine più scaricata ha per soggetto una fila di Fiat 500 ed a seguire ci sono alcuni scatti realizzati in Scozia, in una distilleria di whisky, che si adattano a cataloghi di viaggio o di gastronomia od a siti web che parlano di questi argomenti.
  2. Se anche fossi un mostro di bravura in campo naturalistico (e su iStockphoto ce ne sono!) ed avessi fotografie di soggetti particolari, la vendita di queste immagini sarebbe più che altro una svendita a causa delle royalties abbastanza ridicole; cosa che peraltro potrebbe mettere in crisi un mercato già di per sé penalizzato, soprattutto in Italia, dato che raramente un fotografo naturalista professionista riesce a vivere solo di questo.
  3. Anche il modo di elaborare i miei scatti non è particolarmente ricercato nell’ambito del microstock; le immagini che propongo sono elaborate in modo più tradizionale e naturale, mentre la presentazione di un’immagine all’interno di questi archivi è molto importante perché la stessa abbia successo. In questo sicuramente sono avvantaggiate le persone che provengono dal mondo della grafica e dell’editing prima che da quello della fotografia.
  4. Una delle cose che mi dà più fastidio è il non sapere la destinazione e l’uso che verrà fatto delle immagini; infatti, tranne rari casi, non è dato sapere come le fotografie verranno utilizzate. Ho fatto spesso ricerche sul web, ma sono pochi gli scatti di cui conosco l’utilizzo che se ne è fatto. Di conseguenza non so se un’immagine con un capriolo come soggetto è stata utilizzata per una pubblicità di un parco naturale o per una rivista sulla caccia; quest’ultimo caso mi darebbe non poco fastidio!

Riguardo il punto 4 ho avuto la fortuna di trovare alcuni miei scatti pubblicati sulla RSPB Nature Guide pubblicata dalla Royal Society for the Protection of Birds (l’equivalente inglese della nostra LIPU) e se l’utilizzo fosse sempre questo ne sarei felicissimo, ma con il microstock purtroppo la destinazione delle fotografie non è scontato.
Ecco quindi che il primo passo per un cambio di rotta è stato quello di rimuovere tutte le fotografie di animali (insetti esclusi, almeno per ora) dal mio portfolio, in modo da evitare che le mie immagini vengano utilizzate per scopi che vanno contro la mia etica.

Quindi sarà ancora possibile trovare gli scatti di questo sito? Sì, ma a determinate condizioni…
Innanzitutto alcune delle immagini qui proposte (ma non solo) si potranno trovare sui calendari di Edizioni Allaluna, con cui da un paio di anni ho instaurato una piccola collaborazione. L’esperienza con Displate, di cui ho invece parlato nel post precedente, non credo che porterà a nulla; l’idea non è male, ma anche in questo caso penso che i soggetti dei miei scatti siano adatti per il prodotto offerto (stampe su lastre in metallo) oltre ad essere davvero incomprensibile la modalità con cui vengono approvate le immagini.
Ecco quindi la seconda parte del cambio di rotta: 500px. Inizialmente mi sono iscritto su questo sito solo per mostrare i miei scatti e condividerli in una delle più famose community fotografiche del mondo; recentemente però avevo anche pensato di sfruttare lo store del sito per vendere alcune stampe fotografiche. Purtroppo a breve non sarà più possibile ordinare stampe tramite il sito, ma sarà invece possibile acquistarle, ancora una volta con licenza royalty free, dal nuovo sito 500 Prime.

500px_prime

Perché 500 Prime sì e iStockphoto no?
Beh… se quelle che sono le attuali condizioni rimarranno valide, ci sono diversi buoni motivi. Il primo è che, a seconda del tipo di licenza e del tipo di adesione, la vendita non è scontata ma legata comunque alla richiesta da parte del compratore che deve essere approvata dal fotografo. Un secondo motivo è che in questo caso non si tratta di una svendita, in quanto il fotografo riceve ben il 70% dell’importo pagato dall’acquirente (qualcuno dice il 30%… ma se anche fosse, dato che il prezzo minimo è di 250$, sarebbero comunque 75$ a foto); una bella differenza con iStockphoto!
Altro motivo è che 500px, nonostante le molte polemiche sul meccanismo dei liked/faved, a mio parere ha una qualità decisamente elevata e le immagini proposte non sono orientate solo al mercato pubblicitario; si tratta quindi di un insieme di immagini più vario e più simile alla mia idea di fotografia.

E’ quindi qui che concentrerò i miei sforzi nel prossimo periodo, anche se vista la qualità degli scatti la “concorrenza” sarà molta. Ad ogni modo, man mano che le fotografie saranno disponibili per il download su 500 Prime, inserirò il link alla pagina per il download sotto alle foto delle gallerie di questo sito con la seguente dicitura:

Acquista su 500Prime

Dunque se le mie foto suscitano in voi qualche emozione, se volete farle stampare o usarle per il vostro desktop, seguitemi su 500px (il link si trova anche in alto a destra vicino all’icona di Facebook).

Pausa di riflessione

Quando guardo al mio passato e rifletto su cosa significasse per me fotografare riesco ancora a ricordare quella che era un’autentica passione, una passione che mi dava ad ogni scatto un’emozione e che mi portava ad osservare la Natura ed il mondo che mi circonda in modo più attento o, forse, più semplicemente con un occhio diverso. Ed è questo che ogni fotografo dovrebbe essere in grado di fare: cogliere il dettaglio, sentirsi tutt’uno con il soggetto. Non importa che si sia fotografi professionisti o semplici fotoamatori… l’importante è entrare in sintonia con ciò che si fotografa.

Ma come forse avrete capito, da diverso tempo oramai per me non è più così. L’avevo già scritto tempo fa che sentivo di essere diventato più un “cacciatore” di immagini piuttosto che il fotonaturalista cui ambisco essere. Ed è forse anche per questo che il mio hard disk da un paio d’anni a questa parte s’è sempre più riempito senza che io poi mettessi mano a quelle foto in postproduzione o che queste finissero sulle pagine di questo sito, che in passato era decisamente molto più aggiornato e (penso) coinvolgente… non solo dal punto di vista delle immagini inserite, bensì anche nei racconti delle varie uscite, piccole o impegnative che fossero. Ogni scatto, ogni immagine, rappresentava per me un miglioramento ed un’esperienza da raccontare, non un semplice trofeo da esibire nei forum o sulle pagine di Facebook.
Forum, gruppi e circoli fotografici hanno il grande pregio di essere un’ottima scuola ed uno spazio di confronto, ma comportano anche un grosso rischio: l’invidia e la conseguente frustrazione sono sempre in agguato e questo, talvolta inconsciamente, ci porta a non vedere più il mondo con i nostri occhi, bensì con gli occhi degli altri, di coloro da cui ci si aspetta che la nostra produzione fotografica venga apprezzata.

Ecco… è proprio questo l’errore! Un conto è se si è “costretti” per lavoro a realizzare ciò che il cliente chiede, ed in quel caso spesso la perfetta conoscenza della tecnica (fotografica, grafica o entrambe) riesce a far ottenere risultati di elevato livello, ma il bello di un hobby e che è qualcosa di personale, quasi intimo. Lo si può condividere con gli altri, ma non si deve mai perdere quel legame con se stessi, con quello che è il proprio io. Sono pochi quelli fortunati che riescono a coniugare entrambe le cose.
Forse è anche per questo che negli ultimi tempi sono entrato in una sorta di pausa di riflessione che mi ha portato a tenere sempre più spesso la fotocamera ferma nello zaino. Ma ora pian piano voglio uscire da questa situazione… voglio ritrovare innanzitutto il legame con il mondo che mi circonda, nonché riprendere a fotografare “a modo mio”, anche se con qualche nozione e qualche trucchetto in più rispetto al passato. E lo voglio fare da solo, in intimità con la Natura; spero che per questo gli amici di tante uscite mi perdoneranno, ma spero anche che capiscano… e che prossimamente si possa tornare a far foto assieme 😉

Vespa

Ah, dimenticavo… oggi ho fatto un primo passo in questa direzione. Penso di essere ancora abbastanza lontano dal ritrovare quel legame di cui parlo, ma come la piccola vespa che ho fotografato questa mattina in un fiore di ranuncolo, poco prima che si svegliasse per riprendere la sua attività quotidiana, così spero di risvegliare in me quella passione vera, nata prima con l’amore verso la Natura e solo in un secondo momento è sfociata nell’hobby della fotografia.

Ancora niente salamandre…

Chi mi segue saprà bene che da un paio d’anni alcune delle mie uscite sono dedicate alla salamandra pezzata, anfibio particolarmente vistoso per la sua colorazione nera a macchie gialle. Questo simpatico animaletto era frequente nei nostri boschi, ma da diversi anni non se ne vedono più molte. Ricordo che quand’ero piccolo bastava una giornata di pioggia per vederle lungo i sentieri nei boschi o lungo i Waalweg sparsi nel Burgraviato; ma oggi a quanto pare non è più così.

Lo scorso venerdì l’amico Mirko Masieri ha avuto fortuna ed ha avuto modo di scattare diverse foto, pubblicate sul suo profilo Facebook. Io quel giorno lavoravo, ma avevo avuto la stessa idea per il fine settimana; anche se poi a me non è andata altrettanto bene nonostante il meteo estremamente favorevole. Domenica c’era una continua alternanza di pioggia e schiarite, ma di salamandre nemmeno l’ombra.
Morale della favola… sono finito nuovamente a fotografare funghi e insetti.

Ma va bene lo stesso. In quel paio di ore trascorse da solo ho comunque avuto anche modo di riflettere sull’approccio che mi sembra di avere ultimamente nelle mie uscite fotografiche, più simile a quello di un cacciatore che a quello di un naturalista. Devo ricominciare ad osservare tutto ciò che mi circonda anziché fossilizzarmi su di un unico obiettivo… forse così torneranno ad essere i soggetti che cercano me e non viceversa!

Aggiornamenti e social network

Penso di aver scritto decine di volte di voler essere più costante negli aggiornamenti del sito e nella pubblicazione di piccoli resoconti qui sul blog. Ma poi, come sempre, gli impegni prendono il sopravvento ed è così che il mio ultimo post sul blog risale al 28 maggio scorso; dopo un inizio primaverile promettente si è di nuovo stabilita la calma piatta. E, come di consueto, ho dovuto aspettare di essere a casa con l’influenza per dedicarmici nuovamente…

Ho tentato di convincermi che la colpa fosse degli impegni della vita di tutti i giorni: il lavoro, il figlio, la casa, il trasloco. La realtà è che mi è mancata un po’ la voglia! Sì, perché se da un lato è vero che le mie fotografie tendono a sedimentare sull’hard disk anche per mesi prima che io riesca a trovare il tempo e la voglia per metterci mano, è però vero anche che non ci metterei poi molto a prendere alcune delle immagini dell’uscita (anche senza elaborazione) ed a metterle qui sul blog scrivendo qualche riga. Finora ho sempre aspettato a pubblicare qualcosa sul blog fino al momento in cui avessi avuto tutti gli scatti postprodotti. Per forza che così non scrivo mai nulla!
Però potrei scattare in JPG+RAW ed utilizzare i JPG per una pubblicazione più immediata qui sul blog. Vabbè dai… per l’ennesima volta mi riprometto di essere più costante. Ce la farò? :sospiro:

Tra l’altro è una cosa che già faccio su Facebook…
Mmmm… già, forse è anche questo il problema. Ora con i social network il rapporto con le persone è più diretto; un “mi piace” o un commento sulla foto ti fa subito render conto del gradimento da parte degli altri. Sicuramente più che in un blog isolato (che non fa parte cioè di una community di blogger) dove il visitatore è meno abituale, più casuale.
Mollare il blog per Facebook? Forse sarebbe una soluzione, ma preferisco mantenere una certa integrazione tra le due piattaforme. Chissà se prima o poi avrò la volontà di perseguire questo scopo. Magari adesso che finalmente ho traslocato (per l’ultima volta finalmente! :zomp: ) e che ho preso un po’ di distacco dal lavoro potrebbe essere la volta buona… staremo a vedere!

Quando la postproduzione è eccessiva?

Ogni tanto mi sento in obbligo di tornare sull’argomento!
Su moltissimi forum di fotografia, spesso si vedono immagini di grande impatto, con sfondi uniformi ed il soggetto che vi si staglia con nitidezza impressionante. Molto sta nell’abilità del fotografo, non c’è dubbio, ma spesso mi chiedo quanto effettivamente sia stato realizzato in ripresa e quanto invece sapientemente elaborato con Photoshop.

Ho fatto una piccola e veloce prova con una delle mie immagini scattate negli anni passati e questo è il risultato che ho ottenuto.

Fotografia originale

Fotografia elaborata

Non c’è dubbio che la seconda ha un impatto decisamente diverso. Ci sono voluti poco più di 15-20 minuti al computer per ottenere un’immagine “pulita”.
Le operazioni da fare sono tutto sommato piuttosto semplici: prima un crop per ravvicinare il soggetto, poi ho duplicato il livello ed ho sfocato completamente l’immagine; a questo punto ho cancellato la parte sfuocata per far uscire dal livello di sfondo la cinciallegra e il ramo su cui è posata. Ho dato una sistemata ai colori (differenziando il bilanciamento del bianco per livelli) e poi ho unito il tutto.
Il risultato non è perfetto (sotto al ramo si nota un po’ di alone), ma per il tempo che ci ho messo non è nemmeno male.

Ora però mi chiedo: quante delle splendide foto che si vedono nei forum sono fatte in questo modo? E’ corretto inserire nei dati di scatto i tempi, il diaframma, l’obiettivo usato omettendo però l’utilizzo che si è fatto di Photoshop o simili? Nel caso possiamo ancora parlare di fotografia naturalistica? Possiamo ancora parlare di fotografia? :confused:

Eppure soffia…

E l’acqua si riempie di schiuma, il cielo di fumi,
la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi.
Uccelli che volano a stento malati di morte,
il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte.

Un’isola intera ha trovato nel mare una tomba;
il falso progresso ha voluto provare una bomba,
poi pioggia che toglie la sete alla terra che è viva
invece le porta la morte perché è radioattiva.

(Pierangelo Bertoli, da “Eppure soffia”)

Punti di vista

«Sono cresciuto facendo il cacciatore. Tutti i ragazzi e gli uomini del mio popolo erano cacciatori. Noi non rubiamo. Noi andiamo e chiediamo. Sistemiamo una trappola o camminiamo con un arco o una lancia. Possono occorrere anche molti giorni. Finalmente vedi le tracce di un’antilope. Lei sa che tu sei lì, lei sa che ti deve dare la sua forza. Ma si mette a correre e tu la devi inseguire. Correndo, diventi come lei. La corsa può durare ore e, alla fine, ci fermiamo stremati entrambi. Allora le parli e la guardi negli occhi. E’ così che lei capisce che ti deve dare la sua energia, perché i tuoi bambini possano sopravvivere. L’allevatore dice di essere più progredito dei cacciatori primitivi, ma io non gli credo. Le sue greggi non danno più cibo delle nostre. L’antilope non è nostra schiava, non è costretta a portare campanelli al collo e può correre più veloce delle mucche, che sono pigre. Noi e la gazzella corriamo nella vita insieme. […]»

Roy Sesana, boscimane Gana

Il testo che avete letto qui sopra è tratto dal discorso di Roy Sesana, leader del popolo boscimano, premiato a Stoccolma con il “Right Livelihood Award” alla fine del 2005. Ho letto la storia dei boscimani sull’ultimo numero della rivista Oasis (n. 171/2007 di agosto-settembre) e mi ha affascinato molto.
Il discorso di Sesana mi ha fatto riflettere sul rapporto che le società c.d. “avanzate” hanno con l’ambiente e gli animali. E mi hanno fatto pensare a quanto più genuino è avanzato sia in tal senso il pensiero di popolazioni come quella dei boscimani!

Per approfondire la questione boscimana, vi rimando alle pagine dell’associazione Survival, che viene citata proprio nell’articolo in questione:

http://italia.survival-international.org/tribes.php?tribe_id=131

C’erano una volta…

…gli “Eismänner“, ossia tradotto letteralmente gli uomini di ghiaccio.

Nella tradizione popolare locale, ma che in realtà riguarda un po’ tutto l’arco alpino, è risaputo che nella seconda settimana di maggio cadono gli Eismänner. Un periodo particolare dell’anno in cui, improvvisamente, ritorna l’inverno, la neve torna a cadere fino a quote basse e le temperatura anche a fondovalle cadono bruscamente.
Mi ricordo che in passato, nei giorni degli Eismänner, spesso i frutteti erano completamente gelati creando uno scenario surreale, tanto che pensavo che gli uomini di ghiaccio fossero proprio gli alberi ricoperti dal ghiaccio. I contadini, per non far bruciare dal freddo i fiori e compromettere quindi il raccolto, aprivano l’acqua sulle coltivazioni in modo che il ghiaccio proteggesse le gemme dal freddo intenso dell’aria che scendeva di diversi gradi sotto lo zero.

Mancano ancora due settimane agli Eismänner, ma uscendo per andare a lavoro questa mattina, quando ho visto il termometro che segnava 21°, ma anche nell’accendere il condizionatore in macchina o nel sentire i rondoni che sfrecciano vicino alla mia finestra, mi son chiesto se quando avrò dei figli potrò ancora spiegare loro cosa sono gli Eismänner e, soprattutto, se potranno mai assistere a questo fenomeno.

Ancora sull’etica della fotografia digitale…

In mancanza di tempo per qualche nuovo scatto (volevo farmi un giro domani, ma pare che la giornata sarà piovosa), riflettevo nuovamente sul significato della fotografia perché sempre più spesso si sfruttano i vantaggi del digitale per alterare in maniera abbastanza pesante quello che era lo scatto visto dal mirino della propria fotocamera. Giusto o sbagliato?

Vediamo innanzitutto di capire di cosa si parla. Le modifiche che si possono fare ad un’immagine sono moltissime; basta un programma di fotoritocco (es. Photoshop) e un po’ di tempo a disposizione. Gli interventi in assoluto più frequenti sono:
crop, ossia tagli più o meno pesanti di porzioni di immagine
maschera di contrasto per aumentare la nitidezza
contrasto e saturazione per rendere i colori più vivi
– regolazione dell’esposizione e bilanciamento luci/ombre
clonazione di porzioni di immagine per eliminare eventuali disturbi

In linea di massima sono operazioni che tutti fanno. Ma quand’è opportuno fermarsi? Quale è il limite da non superare?
Certo molto dipende da che tipo di immagini si realizzano e dal perché si realizzano. Una persona che fotografa per lavoro deve cercare di recuperare anche gli eventuali scatti sbagliati, ma penso che se lo si fa per pura passione lo scopo debba essere quello di migliorare il modo di fotografare e non quello di postprodurre (o postprocessare) le immagini.
Ben vengano i crop se servono a eliminare un elemento di disturbo che non rientrava nell’inquadratura (in genere il mirino delle reflex non copre mai il 100% della scena inquadrata e qualche sorpresa ci può sempre essere), così come dare una leggera aggiustatina ai livelli per migliorare contrasto e saturazione (specie se si lavora in RAW) è spesso indispensabile. Ma tutto con la dovuta misura!

Ultimamente leggendo riviste, pagine web e seguendo forum vedo come troppo spesso, a mio parere, si ricorre a crop per ricomporre completamente l’inquadratura, all’eccessiva saturazione dei colori per “spettacolarizzare” i propri scatti. Così come in alcune proiezioni si ricorre ad effetti di movimento per valorizzare scatti altrimenti poco significativi.
Personalmente mi sento apposto con la mia coscienza, ma il problema nasce quando ci si deve confrontare con gli altri. Come giudicare le immagini altrui? Solo da quello che vedo o anche da ciò che ci sta dietro??  :scratch:

E la terra trema…

Lunedì 22 gennaio, ore 20.39 – Mentre leggo la posta e guardo la tv, d’improvviso sento un rumore come se qualcuno stesse facendo dei lavori in casa al piano di sopra. Poi la scossa. Leggera, per qualcuno quasi impercettibile (a seconda del piano e dell’attività praticata in quel momento), ma dall’origine inequivocabile: terremoto!
La scossa, di magnitudo 2.6, aveva l’epicentro a pochissimi chilometri da Merano. In un primo momento localizzato tra i paesi di Lagundo e Tirolo, poi definito nei pressi dell’abitato di Rifiano. Vicina in ogni caso! Comunque se la gatta continua a dormire non c’è pericolo di sorta… :sisi:

Nel cercare notizie sull’epicentro ho scoperto che nella stessa mattinata la terra ha tremato anche in provincia di Perugia con epicentro nella zona di Montefalco dove sono stato qualche anno fa in agriturismo. Anche lì comunque nulla di grave… appena 2.3 la magnitudo.
Oggi, poi, è stato il turno della Provincia di Lucca: una scossa di magnitudo 2.7 con epicentro in Garfagnana.

La terra trema. Che sia un avvertimento? Una forma di protesta?
Certo… pensare che i terremoti siano collegati al nostro modo di trattare il pianeta non credo abbia basi scientifiche. Ma se, in forma più filosofica, parliamo di Gaia come “il pianeta che vive“?? :embarace:

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