gegeonline.it
Fotografia naturalistica di Giorgio Perbellini
Fomiche e afidi
Breve post per informarvi che sono online nella galleria “Insetti & affini” alcune delle foto fatte in questi ultimi due giorni. Già, perché alla fine anche oggi sono tornato ad Avelengo a fotografare le formiche visto che ieri non ero per nulla soddisfatto dei risultati ottenuti… anche se poi la farfalla sul cardo m’ha comunque ripagato dell’uscita. E proprio quest’ultima è tra le foto che ho inserito nel sito, insieme a due foto fatte oggi alle formiche di cui, come di consueto, ve ne riporto una.
In questa foto si vedono molto bene gli afidi con cui le formiche vivono in una sorta di simbiosi: loro si prendono cura e proteggono gli afidi che, per contro, producono una sostanza zuccherina chiamata melata di cui le formiche sono molto ghiotte.
Una doppia simbiosi perché ho scoperto, grazie a Yubi, che anche la farfalla di cui ho postato ieri la foto ha un rapporto simbiotico con le formiche. Se siete curiosi leggetevi i commenti del post “Dall’insofferenza nascono…”. E grazie ancora a Yubi per avermi fatto scoprire questa cosa; non si finisce mai d’imparare!!
Panico!
E’ da quando ho ripreso a lavorare (dopo le ferie) che purtroppo faccio parecchia difficoltà a seguire le mie attività sul web; sto aggiornando pochissimo il blog e non ho più seguito molto nemmeno il forum del Canon Club Italia. Ma del resto lo sapevo che il tempo a disposizione sarebbe stato di meno… senza contare che con il caldo che fa mi passa completamente di mente l’idea di andare a scattare fotografie dopo il lavoro.
Sabato scorso son dovuto andare in giro per compere, domenica avevo da fare, gli altri giorni della settimana li avevo più o meno tutti occupati tra impegni personali e qualche lavoretto extra. Oggi poi m’è proprio venuto il panico! Come sono arrivato a casa ho acceso il pc, come faccio abitualmente, e… tadan! SCHERMATA BLU DI WINDOWS! ORRORE!!!! 😥
Dopo un po’ di “porchi e madonne” (leggi: 2 ore di tentativi vari) sono finalmente riuscito a farlo ripartire, ma ho il timore che sia l’hard disk principale che comincia ad avere qualche problema, anche perché faceva dei rumori tutt’altro che rassicuranti. Staremo a vedere… nel frattempo spero di poter riprendere a gestirmi regolarmente le mie attività web e fotografiche (se tutto va bene nel weekend vado a fotografare fiori al Passo dello Stelvio).
Alla prossima! 😉
Italiani in Alto Adige: un po’ di storia
Nell’ultimo post scritto, ieri mi sono ritrovato questo commento scritto da Pippo & Saso:
«Ma scusate se vi dico una cosa interessante… perchè non ve ne tornate a casa vostra in Austria. Maledetto De Gasperi che vi ha concesso la rendita fissa…che dio vi maledica… VIVA L’ITALIA. Comunque invece di scrivere questo stupido blog, vai a lavorare e vai in Austria».
Pur sentendomi offeso per quanto scritto, ed in particolare per l’ultima frase, ho deciso di non cancellare il commento in questione a dimostrazione di quanta ignoranza ci sia ancora oggi sulla situazione altoatesina. E non è la prima volta che mi sento dire: «Ma come! Sei bolzanese quindi sei tedesco»…
Questo post quindi vuole fare un po’ di chiarezza sulla storia dell’Alto Adige dal 1919 ad oggi, soprattutto per far capire CHI SONO gli italiani che oggi vivono nel “Sudtirolo”.
STORIA DELL’ALTO ADIGE
Alla fine della prima guerra mondiale, nel 1919, l’Alto Adige viene attribuito all’Italia senza obbligo di tutela della minoranza tedesca. Il governo e il re Vittorio Emanuele si sono impegnati in questo senso, ma nel 1922 Mussolini fa revocare una serie di disposizioni speciali emanate a favore delle minoranze.
Nel 1923, con Tolomei, ha inizio un processo di italianizzazione dell’Alto Adige: uso esclusivo della lingua italiana negli uffici pubblici, chiusura di gran parte delle scuole tedesche e incentivi all’immigrazione da altre regioni italiane (tra cui i miei nonni e bisnonni!). Naturalmente questo incontra le opposizioni di alcuni gruppi che, tra l’altro, fondano scuole clandestine in lingua tedesca.
Nel 1935, la realizzazione della zona industriale di Bolzano è accompagnata da una massiccia immigrazione di lavoratori, con le loro famiglie, da altre zone d’Italia, in particolare dal Veneto (da cui il mio cognome ha infatti origine). A Bolzano vengono aperti gli stabilimenti Montecatini, Lancia, Magnesio e Acciaierie.
Nel frattempo in Germania acquista sempre maggior potere il nazismo di Hitler, che viene visto come un possibile liberatore dai sudtirolesi, ma nel 1938 Mussolini ottiene dal Führer rassicurazioni sull’intoccabilità del confine italiano. L’anno successivo ai sudtirolesi viene offerta un’opzione: restare nella propria terra, rinunciando alla propria identità culturale, oppure optare per la cittadinanza tedesca e lasciare per sempre l’Alto Adige.
Nel 1940 scoppia la seconda guerra mondiale, in cui l’Italia è alleata con la Germania di Hitler. Tre anni dopo, in seguito ad un armistizio, le truppe tedesche occupano la provincia di Bolzano e molti cittadini italiani che si oppongono al nazionalsocialismo vengono uccisi o deportati nei campi di concentramento.
Nel 1945 la guerra finalmente finisce; le truppe alleate entrano in Alto Adige costringendo al ritiro le truppe naziste. La popolazione di lingua tedesca forma un partito di raccolta, la SVP (Südtiroler Volkspartei, tutt’oggi primo partito dell’Alto Adige), ed auspica un ritorno del territorio all’Austria. Tuttavia il 5 settembre 1946 Alcide De Gasperi e l’allora ministro degli esteri austriaco, Karl Gruber, firmarono un accordo che confermava il Sudtirolo come territorio italiano e consentiva il rientro degli emigranti sudtirolesi che nel 1939 avessero scelto di trasferirsi in Austria.
Nel 1948 viene quindi istituito lo Statuto speciale, tuttora in vigore, con il quale si concedeva un’ ampia autonomia amministrativa alla Regione Trentino-Alto Adige: fu affermato il bilinguismo italiano/tedesco, furono istituite scuole in lingua tedesca, venne introdotta la toponomastica bilingue. Ma la popolazione tedesca non era ancora soddisfatta perché, a loro avviso, troppi italiani venivano qui in cerca di lavoro dalle zone più disagiate dell’Italia. Cosicché negli anni ’60 ci furono numerosi attentati dinamitardi a danno di strutture italiane, con conseguente opposizione delle Forze dell’Ordine tra cui ci sono stati diversi morti.
Tutto il resto è poi storia recente. Gli attentati sono andati avanti per quasi 30 anni; l’ultimo risale all’autunno del 1988! In un clima simile la convivenza è tutt’altro che facile. Non è raro l’utilizzo del termine “etnie” (cfr Wikipedia), a sottolineare la divisione tra i due gruppi linguistici, anche se qualche passo avanti verso l’intregrazione è stato fatto.
GLI ITALIANI IN ALTO ADIGE
La convivenza tra i due gruppi linguistici dell’Alto Adige viene oggi resa difficile anche dai disagi che la popolazione italiana deve affrontare. Lo Statuto di autonomia tutela la minoranza tedesca, spesso a scapito di quella italiana dato che la Provincia è di fatto in mano al partito della SVP. In particolare i problemi per gli italiani dell’Alto Adige, figli e nipoti dei molti emigranti, sono 3:
a) la necessità di possedere l’attestato di bilinguismo (italiano/tedesco) per l’accesso ai posti di lavoro pubblici; la lingua tedesca è più difficile da imparare a causa della costruzione piuttosto diversa della frase e dell’innumerevole quantità di vocaboli “ostici”. Senza contare che all’esame per ottenere l’attestato c’è chi è stato bocciato per non aver saputo descrivere le parti della mongolfiera (senza conoscerle nemmeno in italiano)…
b) la distribuzione delle ricchezze (e quindi, di fatto, del potere) sbilanciata nettamente a favore della popolazione tedesca; è naturale che sia così, proprio perché gli italiani dell’Alto Adige sono per lo più figli e nipoti di emigranti venuti in questa terra in cerca di lavoro, a differenza della popolazione tedesca che possedeva (e possiede tuttora) gran parte delle proprietà immobiliari e terriere.
c) il sistema proporzionale adottato come criterio per l’attribuzione dei posti di lavoro pubblici (sempre che si abbia l’attestato di bilinguismo di cui al punto A) e per le sovvenzioni provinciali. Faccio un esempio: se in un ufficio pubblico ci sono 10 posti di lavoro disponibili, 6 sono destinati a persone di madrelingua tedesca, 3 a persone di madrelingua italiana ed 1 ad una persona di madrelingua ladina. Questo sistema tiene conto del totale della popolazione del territorio, senza però calcolare che l’effettiva necessità di lavoro nei posti pubblici è della popolazione italiana (perché molti di madrelingua tedesca sono occupati nel settore agricolo o alberghiero… e non hanno certo bisogno di un posto pubblico).
Il tutto viene regolato dal censimento che obbliga ogni cittadino altoatesino a dichiarare la propria appartenenza ad un gruppo linguistico; le schede compilate sono conservate in un apposito ufficio del Tribunale di Bolzano a cui è necessario rivolgersi in particolare quando si deve partecipare ad un concorso pubblico.
Da notare che, pur di lavorare, non sono pochi quelli che si dichiarano appartenenti al gruppo linguistico tedesco rinunciando, seppur in minima parte, a difendere la propria identità culturale.
Con questo spero di aver fatto un po’ di chiarezza e spero che siano in molti quelli che, leggendo, conosceranno un po’ meglio questo pezzetto d’Italia che spesso viene attribuito, in modo del tutto errato, al territorio austriaco.
Muore a 176 anni la tartaruga di Darwin
La notizia è di qualche giorno fa, ma la morte dell’orso Bruno ha un po’ monopolizzato la scena. Il 23 giugno scorso è morta la tartaruga più vecchia del mondo nello zoo australiano che la ospitava da circa 17 anni. Il veterinario del giardino zoologico ha riferito che l’animale ha avuto un infarto e non ha sofferto.
Harriet, così era stato chiamata questo esemplare di testuggine delle Galapagos, aveva l’incredibile età 176 anni ed in molti hanno identificato in lei l’esemplare di tartaruga che ha ispirato gli studi sull’evoluzione di Charles Darwin, il famoso naturalista del XIX secolo. Un test del dna aveva reso più credibile questa credenza poiché la nascita della tartaruga era stata fatta risalire al 1830 circa, qualche anno prima del viaggio compiuto da Darwin sulle isole Galapagos (1835). Tuttavia la tartaruga Harriet apparteneva ad una sottospecie che vive solo su un’isola che non è mai stata visitata dal naturalista inglese.
Bruno continua a far parlare di sé
Prima di tornare a parlare di Bruno, una brevissima riflessione – su spunto di Yubi – su come è stata trattata l’intera vicenda. E’ giustissimo che la notizia abbia avuto tutto questo rilievo, ma è triste che si debba arrivare a casi limite per rendersi conto di quanto ogni giorno perdiamo. A volte ci si accorge che qualcosa manca solo quando non c’è più, altre volte invece le cose passano del tutto inosservate. E così c’è chi si stupisce di non sentire più le rondini gridare nel cielo d’estate o di vedere le lucciole quando si reca in campagna o in montagna; per altri, invece, queste cose non sono importanti… ma l’orso… eh, quello sì che lo vedono!
Bando alle polemiche, leggendo oggi l’Alto Adige trovo ancora numerose reazioni sull’abbattimento di Bruno. Non so a livello nazionale se la notizia ha avuto così ampio rilievo (ne parla comunque Beppe Grillo nel suo blog), ma a livello locale sta creando un vero e proprio fiume di opinioni. Sul quotidiano di oggi c’erano di nuovo quattro pagine dedicate alla vicenda: un’intera pagina che ricostruisce le ultime ore di vita di Bruno (scacciato poco prima dal alcune mucche al pascolo), diversi riquadri con le reazioni di politici ed associazioni (un po’ quelli che avevo indicato ieri), un articolo di mezza pagina sul progetto “Life Ursus” e soprattutto molte lettere arrivate in redazione dai lettori del quotidiano. Ma non solo.
Qualche stralcio delle lettere:
«Siamo di fronte all’ennesima prova che l’essere umano ha avuto un grande dono dalla vita, ma non è in grado di gestirlo… l’intelligenza!»
«Sono indignato e offeso da tanta barbarie. Mi riferisco a quei criminali che hanno sparato: si, è vero, su ordine governativo, ma la loro coscienza? Potevano tranquillamente usare un dardo soporifero […]».
«Grave scelta quella di abbattere Bruno. Non mi è chiaro se è stato ucciso da cacciatori comuni o gente dal grilletto facile mandata lì apposta dal governo…»
«Lavoro da diversi anni all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, dove gli orsi bruni vivono da sempre. Non sono animali socievoli, ma aggrediscono solo se si sentono in vero pericolo […]. Sappiate che i lupi e gli orsi, quando sentono odore umano fuggono. Perciò ritengo che la caccia sia stata spietata».
«Uccidendo Bruno la Germania ha lanciato un messaggio devastante sul piano educativo. Inoltre, la voce delle sensibilità civili e animaliste è stata bypassata con spocchia e pseudo argomentazioni logistico-etologiche da far paura. Vincono i cacciatori, perciò, vince la legge del più forte a far da velo trasparentissimo all’incapacità di allestire un piano per la cattura dell’animale per un suo ricollocamento negli spazi più idonei alla sua ed altrui sicurezza».
E c’è anche chi ha risposto con una lettera molto ironica all’alpinista (nonché deputato europeo) Reinhold Messner dopo che quest’ultimo aveva espresso il suo parere in merito alla questione facendo quasi della “psicanalisi animalesca”, sostenendo tra le altre cose che Bruno non si sarebbe reso conto che il posto dov’era finito non era il suo habitat naturale, che il suo habitat in realtà erano i boschi del Trentino dove è nato… mah!
Ad ogni modo alle lettere di lettori indignati si aggiungono anche alcune lettere polemiche nei confronti del “buonismo” diffuso di questi giorni. E tutto sommato qualcuno ha anche ragione, come l’autore del primo dei tre stralci di lettere seguenti che si riallaccia al discorso con cui ho aperto questo post e con il quale mi ritrovo certamente d’accordo (e potrebbero essere citati moltissimi altri casi simili a quello indicato).
«Attenti al buonismo forzato da “settimo cielo”, per l’orso bruno. Ovviamente, esistevano alternative ed è molto strana una reazione del genere da un Paese, la Germania, che ha una sensibilità venatoria più accentuata della nostra. I problemi dell’animalismo spinto non sono questi! Sono i casi dello scoiattolo americano nel bosco di Stupinigi, che in breve ha quasi totalmente decimato la popolazione degli autoctoni […]».
«Sono sicuro che tutti coloro che hanno versato lacrime per l’orso ucciso (stupidamente ed inutilmente, ovvio…) non mangiano più carne animale, altrimenti perché non piangere per i milioni di polli o maiali macellati ogni giorno?»
«E se un giorno quell’orso aggredisse un bambino anziché le pecore, che cosa direbbero quelli del WWF che lo hanno liberato?»
All’ultima delle tre lettere citate, però, risponde involontariamente un altro lettore con queste parole:
«La scorsa settimana ero in bici a Caprera. C’era un cartello stradale: “Vietato dar da mangiare ai cinghiali”. Anche un cinghiale potrebbe aggredire un bambino, come un cane od un gatto! Abbattiamoli tutti».
Ancora sull’orso ucciso in Germania
Ha avuto un certo rilevo la notizia dell’orso, amichevolmente battezzato come “Bruno”, abbattuto alle 4.50 di ieri nel sud della Germania. Il quotidiano locale, l’Alto Adige, ha dedicato alla vicenda un ampio spazio in prima pagina ed un dettagliato servizio all’interno (da pagina 16 a pagina 20); numerose sono state le reazioni del mondo ambientalista ed anche di quello politico con il leader dei Verdi nonché Ministro per l’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, e numerose personalità politiche del Trentino Alto Adige. Da ogni parte arrivano condanne nei confronti di quest’azione che ha risolto il problema (comunque reale e riconosciuto) nel peggiore dei modi possibili.
Ecco alcune reazioni.
WWF Italia (fonte: www.wwf.it)
«“Abbattere animali appartenenti a specie protette è un atto gravissimo – accusa Fulco Pratesi, presidente del WWF Italia – L’orso Bruno tra l’altro è il frutto di un progetto di conservazione, è un esemplare nato da soggetti reintrodotti nell’ambito del progetto Life Ursus al Parco dell’Adamello-Brenta. Noi del WWF cerchiamo di lavorare a favore della conservazione. Qualcuno invece altrove spara, distruggendo anni di lavoro”.
In più occasioni il WWF ha in queste settimane offerto e messo a disposizione la propria esperienza nella gestione dei conflitti, per altro risolti con successo in Italia, specie in Abruzzo. L’orso era monitorato e tutte le informazioni erano trasferite alle autorità locali.
“Non c’è giustificazione per quanto accaduto stamattina all’alba. – sostiene Michele Candotti, Segretario generale WWF Italia – Battute di caccia contro un orso sono il segno di una sconfitta. Ci sono misure e tecniche consolidate per allontanare gli orsi dai centri abitati. Ci scandalizziamo quando in Africa o in India le popolazioni locali uccidono specie protette come elefanti, tigri. Noi oggi non abbiamo nulla da insegnare. Abbiamo agito esattamente allo stesso modo”.
L’intera vicenda dell’orso Bruno mostra poi come nella rete ecologica europea si siano aperte falle vistose. Non c’è continuità nella rete, né condivisione di metodologie. E’ necessario ripartire dal recupero di questa continuità per scongiurare brutte sconfitte come quella di oggi».
LAV – Lega Anti Vivisezione (fonte: www.infolav.org)
«“La condanna a morte di Bruno è stata una decisione vergognosa – dichiara Ennio Bonfanti, responsabile del settore ‘fauna’ della LAV – perché non c’era nessun motivo per ucciderlo: bastava risarcire gli allevatori di pecore eventualmente danneggiati e aspettare che Bruno ritornasse nel fitto delle foreste, magari nelle Alpi italiane da dove proveniva. Si è trattato di un killeraggio premeditato, dettato da una inaccettabile quanto primitiva paura di un animale che nell’ignoranza è sempre stato dipinto come nemico dell’uomo. La sua imbalsamazione, poi, rappresenta un grottesco e macabro atto di disprezzo per la vita di un essere vivente”.
La LAV fa notare che in Italia le leggi vigenti avrebbero assolutamente impedito la fucilazione di Bruno, che per il nostro diritto (legge 157 del 1992) è una “specie particolarmente protetta” considerata quale “patrimonio dello Stato” da tutelare anche “nell’interesse della comunità internazionale”. E’ paradossale ed incredibile che la Germania – dai più ritenuta un Paese con una sensibilità verso la natura e gli animali maggiore di quella riscontrabile in Italia – abbia deciso di fucilare l’innocuo orso per il quale il Governo italiano (nella persona del Ministro dell’Ambiente on. Pecoraio Scanio) aveva ufficialmente chiesto la “grazia”.
“E’ stata palesemente ed arrogantemente violata la Convenzione di Berna sulla vita selvatica in Europa del 1979, recepita in tutta l’Unione con la Decisione 82/72/CEE del 1981 – denuncia Bonfanti – che tutela gli orsi europei. Chiederemo quindi alla Commissione europea di aprire una procedura d’infrazione contro la Repubblica tedesca per violazione del diritto comunitario. In ogni caso, chiediamo al Ministro Pecoraio Scanio di protestare ufficialmente contro questa vergognosa esecuzione chiedendo l’intervento ufficiale del Comitato permanente di vigilanza sulla Convenzione presso il Consiglio d’Europa”».
Alfonso Pecoraro Scanio, Ministro dell’Ambiente (fonte: Alice News)
«“Un brutto segnale per chi ha a cuore il ritorno e la difesa di questo animale”. E’ il commento del ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sull’abbattimento di Jj1, l’orso che aveva passato il confine italiano, finendo in Baviera dove le autorità gli hanno dato la caccia per settimane. “Abbiamo fatto di tutto per cercare di evitare quanto accaduto. Putroppo non ci siamo riusciti – aggiunge Pecoraro – Ma l’ondata di simpatia che si è diffusa in queste settimane intorno a ‘Bruno’, così come le reazioni negative oggi alla notizia della sua uccisione, ci fanno ben sperare per il futuro. Ecco, la brutta notizia di oggi almeno rafforza la convinzione di quanto l’orso sia amato e ben visto”. […]
“Il Governo Italiano – sottolinea Pecoraro – non può che fermamente richiamare l’attenzione dei paesi europei interessati al rispetto dei principi di cui all’allegato 1 della Direttiva Habitat, e riconfermare l’opportunità che, indipendentemente da ogni protocollo per la gestione dell’orso, ci si attendeva un coordinamento più accentuato al fine di salvaguardare la vita dell’animale. L’Italia non può accettare che il controllo della popolazione alpina di orsi avvenga attraverso l’abbattimento di individui.
Lo sconfinamento di esemplari appartenenti alla crescente popolazione italiana rappresenta sicuramente un elemento di successo del progetto ‘Life Ursus’, attivo in Trentino e cofinanziato dalla Comunità Europea. Tale progetto prevede infatti nei prossimi anni il raggiungimento di una popolazione di 40-50 orsi che non possono in alcun modo rimanere all’interno del territorio trentino. Tale situazione rende indispensabile un coordinamento ed un raccordo tra i protocolli di gestione dell’orso nei diversi paesi, nel pieno rispetto di quanto previsto dalla Direttiva Habitat e dalla Convenzione di Berna.
L’Italia – ha continuato Pecoraro – sta anche approntando un progetto di supporto strategico alla nuova situazione con un budget di 230 mila euro destinato alle attrezzature per il radiomonitoraggio, alla cattura e trasporto degli orsi, al potenziamento dei laboratori di genetica, ai corsi di formazione, alla costituzione della banca dati e, come estrema soluzione, anche ad attrezzare nuove aree faunistiche di recettività per individui problematici”».
Hanno ucciso Bruno!
Era il 26 maggio è sulle pagine di alcuni quotidiani (online e non) veniva data la notizia del possibile abbattimento di “Bruno”, l’orso che dal parco dell’Adamello-Brenta si è spinto fino in Baviera (a lato una foto dell’orso tratta da Repubblica.it) dove ha avuto un benvenuto tutt’altro che caloroso. Repubblica riportava così la notizia:
«Forse è stato già abbattuto da cacciatori di frodo l’orso che ha sconfinato dal Trentino all’Austria, fino ad arrivare in Germania. Lo sostiene il tabloid berlinese “B.Z.”: la tesi si basa sull’assenza di orme e di escrementi sul terreno, nonchè sulla constatazione che da lunedì scorso nessun animale è stato ucciso da “Bruno” per nutrirsi. Oltretutto il plantigrado non era disturbato dalla presenza umana.
Il giornale ritiene possibile che cacciatori di frodo abbiano ucciso l’animale per conservare come un trofeo la testa, la pelle e gli artigli. Manfred Woelfl, incaricato dal governo bavarese di seguire da vicino gli sviluppi del caso, ha detto di non poter escludere l’ipotesi».
La notizia è stata poi smentita grazie all’avvistamento dell’animale che sarebbe rientrato in Tirolo, evitando così di essere abbattuto in territorio tedesco.
Ma a distanza di un mese esatto arriva la notizia – certa, questa volta – che, purtroppo, “Bruno” è stato abbattuto da un gruppo di cacciatori in seguito al via libera delle autorità. Riporto di seguito la notizia tratta da Virgilio News.
«Monaco, 26 giu. (Ap) – “Gli hanno sparato. E’ morto”: così, rimandando ad una prossima conferenza stampa ulteriori dettagli, il funzionario del governo regionale bavarese Manfred Woelfl ha annunciato l’abbattimento di “Bruno”, all’anagrafe “Jj1”, l’orso bruno al quale le autorità del Land davano la caccia da settimane.
Secondo fonti del ministero dell’Ambiente del Land bavarese “Bruno”, ancora un cucciolo, sarebbe stato abbattuto da un gruppo di cacciatori. Dopo due settimane di inseguimenti infruttuosi, sabato scorso le autorità avevano dato luce verde per l’uccisione del plantigrado, che aveva abbandonato il Parco dell’Adamello, nel Trentino, e che nei suoi vagabondaggi in Baviera e nel vicino Tirolo aveva ucciso numerose pecore, avvicinandosi anche senza alcun timore alle abitazioni.
“Bruno” faceva parte di un gruppo di venti cuccioli avuti da Jurka e Joze, coppia di orsi sloveni (di qui la denominazione anagrafica ufficiale di “Jj1”) e importati per ripopolare le montagne del Trentino».
Si conclude così anche questa vicenda, purtroppo in maniera tutt’altro che felice. Non posso dire di essere d’accordo con la decisione presa dalle autorità tedesche; mi rifiuto di credere che non vi fossero altre possibilità, che non fosse possibile addormentarlo per riportarlo in Trentino (dopotutto se l’hanno ucciso avrebbero anche potuto addormentarlo!), pur comprendendo le motivazioni che hanno portato a questa decisione.
E ritorno a chiedermi per quale motivo i grandi predatori si avvicinano così tanto all’uomo… non sarà “FORSE” che le loro prede naturali (ungulati, lepri e simili) hanno subito un declino tale da renderne difficoltosa la caccia per un predatore? Certo un conto è l’uomo con fucili ipertecnologici che fa fuoco da centinaia di metri di distanza… altro discorso è avvicinarsi abbastanza per predarli…
Estate? No grazie!
Fa troppo caldo!
E’ vero che l’estate è considerata la bella stagione, che si può andare in piscina e quant’altro, però il caldo e soprattutto l’afa io non li sopporto. Sto molto meglio quando ci sono -20° piuttosto che a +35°. Ed ora capisco anche perché l’altro giorno ho fatto la sauna a Caldaro: se la temperatura è di 34-35°, al sole si superavano i 45°; aggiungendoci l’umidità al 100% vi lascio immaginare come sono tornato a casa l’altra sera.
No, decisamente preferisco le altre stagioni. L’autunno in particolare. All’inizio dell’autunno è ancora bel tempo, si fanno belle passeggiate e la temperatura è più che sopportabile. Senza contare gli splendidi colori delle foglie e l’aria limpida che ti fa godere a pieno del paesaggio. Mi piace l’autunno.
Le nuove foto sono online!
Caldo permettendo (il mio router continua a saltare… presumo per surriscaldamento!!!) vi informo che, come annunciato questa mattina, alcune delle ultime foto scattate ieri sono online. A finire nelle gallerie sono complessivamente 5 immagini: 3 nella galleria “Insetti“, 1 nella galleria “Fiori & funghi” ed una nella galleria “Altri animali“.
E proprio da quest’ultima galleria, giusto per non ripostare cose già viste (4 delle nuove immagini sono quelle che ho mostrato nel post precedente), la foto che accompagna questa news è una ranocchietta verde che faceva capolino tra le lenticchie d’acqua!