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Immagini scattate da me

Le orchidee di Castelfeder

Finalmente anche qui in Alto Adige è arrivata la stagione delle orchidee. E’ un periodo che negli ultimi attendo sempre con impazienza, soprattutto se si considera che su Facebook già nelle prime settimane di gennaio cominciano a girare fotografie scattate nel pieno dell’inverno nelle regioni meridionali. Ma non solo: quest’anno dal Piemonte già a gennaio/febbraio arrivavano bellissime immagini di Barlia robertiana coperta dalla neve, orchidea dalla fioritura molto precoce ma che in Alto Adige è purtroppo assente.

Tra quelle che conosco, e che so dove trovare, le prime a fiorire in zona sono Cephalantera longifolia e Anacamptis morio; di quest’ultima specie una delle stazioni più conosciute è senza dubbio la collina di Castelfeder, situata a sud di Bolzano tra i comuni di Ora, Egna e Montagna.
Si tratta di un posto davvero magico, sede anche di alcune rovine situate proprio sulla cima della collina, tra cui le mura di un antico insediamento romano ed i resti della chiesetta di Santa Barbara risalente all’XI secolo. Il panorama che si gode da Castelfeder, con un’ampia vista su tutta la vallata dell’Adige, è notevole così come l’ambiente, con i suoi laghetti, le rupi e le grandi querce. Qualche settimana fa, dopo un appuntamento in un mobilificio della zona, ci sono stato con la mia famiglia ed anche mio figlio se ne è innamorato, al punto che spesso mi chiede se «andiamo nel posto bello» :zomp:

In uno di questi ultimi weekend, proprio Castelfeder è stato il luogo prescelto per un’uscita fotografica, iniziata di buon mattino con partenza alle 5.00 da Merano. La scelta di partire così presto è stata dettata soprattutto dalla possibilità di avere più tempo a disposizione; appena giunti al parcheggio la luce era molto poca, ma ben presto ha fatto chiaro e giunti sul luogo prescelto la luce era già sufficiente per iniziare a fotografare. Il soggetto? Ovviamente le orchidee…

Anacamptis morioAnacamptis morio
Anacamptis morioCastelfeder

Il cielo nuvoloso ci ha consentito di avere una luce diffusa e uniforme, evitando i forti contrasti che si hanno invece in una giornata fortemente soleggiata. Per la fotografia macro o comunque gli scatti ai fiori si può quasi definire la situazione ideale, ma questo d’altro canto ha un po’ limitato le possibilità degli scatti ambientati a causa del cielo prettamente grigio. Ciò nonostante ho ottenuto finalmente alcune delle immagini che avevo in mente per queste orchidee.

Interessante infine la presenza, oltre che di A. morio, anche di alcune piante non ancora fiorite di Limodorum abortivum (identificate grazie all’aiuto degli appassionati del G.I.R.O.S.). Con queste orchidee, che ancora non fanno parte della mia checklist delle specie fotografate, l’appuntamento è per la fine di questa settimana. Dopodiché, salvo imprevisti, sarà il turno di Rovereto ed in particolare dei suoi dintorni dove spero di fotografare altre specie che non fanno ancora parte della mia personale “collezione”.

Lungo l’antropizzato Passirio…

In questi ultimi fine settimana io ed Anita ci stiamo dedicando al Passirio, fiume a carattere torrentizio che scende dall’omonima valle e che nel suo ultimo tratto attraversa Merano prima di confluire nell’Adige. Il nostro interesse è rivolto in particolare all’avifauna che popola le sue rive: merlo acquaiolo, ballerine, martin pescatore, limicoli, ma anche capinere, scriccioli, luì ed altri piccoli abitanti del bosco ripariale.

Lo scorso anno, nel tratto compreso tra la zona ricreativa di Lazago ed il campo sportivo di Rifiano, abbiamo trovato diversi angoli interessanti e quest’anno stiamo cercando di sfruttarli al meglio. Le occasioni non mancano, ma l’attività antropica soprattutto nel fine settimana è un fattore di disturbo non indifferente.
Mai come ora mi sono reso conto di come il fiume sia il vero “lido” della città; camminando lungo le sue rive si possono trovare un po’ ovunque installazioni di ogni genere, da semplici sedie a sdraio e tendine piantate su alcune spiaggette ad insediamenti ben più elaborati (per lo più su isolotti al centro del fiume) con tanto di gazebo, giardini e campi da beach volley.

Una delle tante cascatelle artificiali le cui rocce sono utilizzate dai meranesi per guadare il fiume. Sull'altra sponda, sulla destra, si notano due ripari realizzati con rami e teloni

Una delle tante cascatelle artificiali le cui rocce sono utilizzate dai meranesi per guadare il fiume. Sull’altra sponda, sulla destra, si notano due ripari realizzati con rami e teloni

Oggi ad esempio l’attività del merlo acquaiolo è stata disturbata in modo significativo da due ragazzi che attraversavano avanti e indietro il fiume con carriole colme di terra con le quali, al centro del fiume vicino ad uno di questi accampamenti, stanno realizzando qualcosa che sembra un orto o un giardino. Prima di andarmene ho voluto scattare alcune foto documentative con il cellulare…

Un vero e proprio campo da beach volley al centro del fiume. Quest'area è certamente il frutto di anni di impegno, probabilmente tramandatosi tra più persone.

Un vero e proprio campo da beach volley al centro del fiume. Quest’area è certamente il frutto di anni di impegno, probabilmente tramandatosi tra più persone.

AbbellimentiAccampamento
AccampamentoTenere pulito

Tornando comunque a parlare di fotografia, per quanto mi riguarda qualche risultato l’ho già ottenuto, ma sicuramente l’esperienza è tutt’altro che esaurita; abitando in zona, nelle prossime settimane conto di riuscire a dedicarmici in modo piuttosto continuativo sfruttando le ore di luce dopo essere uscito dall’ufficio.
Io e Anita stiamo attendendo con impazienza il momento dell’imbeccata del merlo acquaiolo. Al momento gli animali sono in cova (almeno a giudicare dal viavai del maschio al nido), quindi tra qualche settimana potremmo avere delle belle soddisfazioni.
Finora, come vedrete in un prossimo post, abbiamo fotografato in particolare: piro piro piccolo, merlo acquaiolo, martin pescatore, ballerina bianca, ballerina gialla, luì piccolo, luì grosso, scricciolo. Ma non finisce qui!  🙄

Due passi nei boschi innevati

E’ da un po’ di tempo che sono piuttosto fermo, sia fisicamente che fotograficamente; l’arrivo dell’inverno sarebbe potuto essere un toccasana per qualche giretto sulla neve, ma di fatto si è rivelato una delusione. I meteorologi avevano previsto l’inverno più freddo degli ultimi 100 anni, ma qui in Alto Adige non solo non ha fatto freddo, ma è anche scesa pochissima neve.
Finalmente ieri, dopo qualche settimana di siccità, a Merano è piovuto e quando mi sono alzato questa mattina la neve lambiva Castel Verruca intorno a quota 750m.

Inizialmente il tempo oggi non era dei migliori, ma nel corso della mattinata le nuvole hanno lasciato via via sempre più spazio al sole. Così dopo pranzo ho fatto opera di autoconvincimento ed ho deciso di vestirmi bene, di caricare lo zaino fotografico in auto e di andare a fare un giro nei boschi di Avelengo approfittando della neve fresca caduta nella notte.
Ho scelto Avelengo perché è un luogo che conosco benissimo e che quindi non mi avrebbe dato grossi problemi di orientamento nonostante la neve; e comunque la zona sotto Falzeben, battuta in estate dai fungaioli, in inverno è assolutamente tranquilla a differenza della zona superiore spesso invasa dagli sciatori.
Sono partito da casa intorno alle 14.00 ed in breve ero nel bosco. I primi passi sulla neve, con ai piedi solo gli scarponi, sono stati un po’ faticosi; se non si usano le ciaspole bisogna abituarsi un po’ prima di riuscire a camminare in modo stabile. Ma ben presto il mio passo si è fatto più sicuro e quei 10 centimetri di neve fresca sul terreno non erano più un impedimento.

Bosco innevatoStrada innevata
Strada innevataVento tra gli alberi coperti di neve

Dopo una decina di minuti ero solo, accompagnato dal cinguettio degli uccelli e dal vento che soffiava le cime degli alberi facendo cadere a terra la neve. Ad un tratto, camminando lungo il sentiero, sento un rumore… sembra quasi il verso di un gallo cedrone, ma osservando a lungo gli alberi non vedo nulla. Proseguo ancora per qualche decina di metri e dalla cima di un albero decolla un rapace; per forma e periodo con buona probabilità si trattava di un astore (Accipiter gentilis).
Ancora qualche passo e ad una ventina di metri da me qualcosa di abbastanza grosso, all’altezza del terreno, si muove e scende verso il pendio sottostante; non so cosa fosse, ma non avevo possibilità di verificare nemmeno le eventuali tracce lasciate.

Procedo ancora ed arrivo ad un’ampia radura che in estate è adibita a pascolo per le mucche. Dalla cima di un albero sento un richiamo che non conosco; alzo gli occhi e vedo un uccello di colore rossiccio che si alimenta sulle pigne di un abete. Alzo e punto il teleobiettivo: è un crociere (Loxia curvirostra)! Sull’albero davanti a me una ventina di esemplari tra maschi e femmine. La mia checklist quindi si arricchisce oggi con questa specie che non avevo ancora mai osservato in precedenza.

Crociere (Loxia curvirostra)

Sono andato avanti ancora di un centinaio di metri, ma poi ho dovuto fare dietrofront; di lì in avanti il sentiero era evidentemente percorribile solo con le ciaspole, come suggerivano le tracce fresche di due escursionisti che son passati di lì poco prima.

Rientrato all’auto ho avuto ancora la fortuna di vedere da vicino (un paio di metri appena) alcune simpatiche cince dal ciuffo. Nel complesso è stata un’uscita piacevole anche se improvvisata.
La stagione fotografica è iniziata… stay tuned!

Autunno in Val Senales

Fa un po’ strano parlare di autunno a inizio febbraio, ma chi mi segue saprà che i miei tempi non sono più quelli di una volta quando, dopo un’uscita fotografica, il giorno stesso pubblicavo nel mio blog il resoconto della giornata. Ad ogni buon conto nei giorni scorsi, dopo averle lasciate sedimentare per un paio di mesi nell’hard disk del mio Macbook, ho ripreso in mano le fotografie scattate in compagnia di Anita a metà ottobre in Val Senales poco sopra il lago di Vernago.

La giornata è iniziata in modo strano… le previsioni meteo non erano ottimali, cosa peraltro non nuova dato che il 2014 è stato uno degli anni più piovosi che io abbia vissuto in vita mia. Tutt’intorno a Merano le nuvole avvolgevano le montagne e lungo la strada della val Venosta la situazione non era migliore. Anita però era ottimista ed arrivati a destinazione ho dovuto darle ragione; mi aspettavo nebbia e pioggia mentre, al contrario, il tempo era decisamente migliore rispetto a Merano dove, a quanto mi è stato detto, si sono verificati diversi acquazzoni.
Dopo una ventina di minuti sotto una pioggerella quasi impercettibile, qualche accenno di azzurro si è fatto spazio tra le nuvole, regalandoci alla fine una mattinata piacevole e asciutta.

Scorcio autunnale

Nel mio zaino trovavano posto il 300mm, il grandangolo e il “tuttofare” 24-105. L’obiettivo principale era quello di fotografare la fauna locale: ci aspettavamo di trovare camosci, caprioli, marmotte (nonostante la stagione stesse ormai per giungere al termine), picchi ed in generale qualsiasi altro abitante dei boschi che l’ambiente avrebbe potuto offrirci.
Il posto, immerso nel Parco Naturale del Tessa, è particolarmente adatto agli incontri con gli animali, ma non abbiamo avuto troppa fortuna. Comunque lungo il cammino, su uno stretto sentiero che contempla dall’alto il Lago di Vernago, il silenzio del bosco era continuamente interrotto dal canto degli uccelli, alcuni conosciuti (picchi, cince, fringuelli, nocciolaie, …) ed altri a me completamente ignoti. Poi un incontro a distanza con un capriolo ed uno scoiattolo e le sue evoluzioni a pochi metri da noi.

Capriolo autunnaleScoiattolo pronto al salto...

Non ero mai stato in questa zona prima d’ora e ne sono rimasto piacevolmente colpito; il posto è affascinante e ci tornerei volentieri anche con la famiglia, anche se forse il tragitto (poco più di un km quello che abbiamo percorso) non è molto adatto per i bambini in quanto il sentiero è abbastanza stretto e taglia il pendio costeggiando a tratti un ripido versante (non molto pericoloso, ma c’è il rischio di ruzzolare per un bel po’).

Dopo circa 4 ore la nostra uscita è giunta al termine, ma prima di rientrare a Merano ci siamo fermati al maso Finailhof dove, oltre a gustare un ottimo piatto freddo tirolese, per assurdo ho scattato la maggior parte delle foto della giornata. Immerso in un paesaggio incantevole, reso ancora più affascinante dai colori autunnali, il Finailhof ospita numerosi animali quali mucche, capre, galline moroseta, faraone, maiali e gatti… un vero paradiso per i bambini e per chi vuole godersi un po’ della vita rurale.
E mentre fotografavo i gatti che si aggiravano intorno a noi in cerca di coccole (e magari di qualche bocconcino), la piccola Annika mi guardava incuriosita sbirciando dall’uscio della porta.

BiancheriaLa piccola Annika
MicioFaraona
Gallina morosetaMaiale

La giornata si è infine conclusa con una visita alle rive del Passirio dove, sotto la pioggia, abbiamo passato circa un’ora e mezza per seguire le evoluzioni del merlo acquaiolo e di alcune ballerine gialle.

Mimetismo

Non tutti gli animali reagiscono allo stesso modo alla presenza umana. In alcuni casi questo dipende dalla specie, come ad esempio il piviere tortolino (Charadrius morinellus), difficile da trovare ma spesso molto confidente, al punto che i luoghi in cui viene rilevato sono segnalati in modo generico dai birdwatcher per evitare di recare troppo disturbo agli esemplari in migrazione. In altri casi la distanza di fuga varia da luogo a luogo; basti pensare ad esempio ai “folletti” della Val Rosegg in Engadina (cince, scoiattoli, nocciolaie, picchi muratori), conosciuti da quasi tutti i fotografi per la loro confidenza, così come alle marmotte del Passo Gardena che si avvicinano ai turisti fino ad arrivare a mangiare loro dalle mani.

Ma in genere gli animali selvatici non sono così facili da avvicinare e quindi nella fotografia naturalistica, in particolar modo in quella di animali, il mimetismo è una componente spesso fondamentale.
In circa 15 anni di fotografia, anche se solo negli ultimi mi ci sono dedicato in maniera “seria” (anche se sempre a livello amatoriale), ho sperimentato diverse tipologie di mimetismo. Inizialmente ho provato a sfruttare le postazioni fisse nei biotopi con scarsissimo successo, anche perché in Alto Adige sono spesso posizionate in luoghi molto frequentati da persone che vanno a farsi una passeggiata con il cane o a correre, quindi se da un lato possono essere utili a chi fa puro birdwatching, per la fotografia sono spesso inutilizzabili a causa della lontananza dei soggetti.

Girando per i biotopi a volte si trovano postazioni realizzate da altri appassionati con materiali trovati sul posto e/o teli mimetici. In qualche occasione mi ci sono infilato, lasciando naturalmente tutto al suo posto una volta finita la sessione fotografica. Non so se sia considerato lecito o meno, ma credo che se si ha buon senso non dovrebbe essere un problema.

Capanno a Caldaro

Uno dei primi capanni che ho usato nei pressi del lido del lago di Caldaro

Capanno

Paolo in un capanno trovato diversi anni fa al biotopo del Valsura

Poi per qualche anno queste postazioni fisse le ho realizzate io stesso insieme ad altri amici, usando teli di colore verde, reti fogliate, stuoie in canna di bambù e, naturalmente, materiale trovato sul posto come foglie, rami, ecc.

Capanno

Capanno realizzato con stuoie di canne di bambù, particolarmente adatto al’ambiente del canneto

Capanno

Rete fogliata e teli verdi sostenuti dai rami celano attrezzatura e fotografi alla vista degli aironi

Allo stesso tempo avevo comprato anche un capanno portatile Ameristep con sedia incorporata, anche se in molte occasioni è risultato un po’ scomodo per via dell’ingrombro e della necessità di una superficie piana; inoltre la sua dimensione era tale da renderlo abbastanza visibile e per l’avifauna è un elemento spesso troppo distinguibile dal resto del paesaggio (anche perché non mi era possibile lasciarlo in loco in modo da abituare gli animali alla sua presenza).

L’ultimo acquisto fatto, tuttavia, si è rivelato essere la migliore soluzione e che ad ogni uscita mi ha dato delle soddisfazioni. Si tratta di una semplice copertura mimetica in tessuto, dall’ingrombro molto ridotto una volta ripiegata e pratica da trasportare; la sua maggiore peculiarità, tuttavia, sta nell’addattarsi perfettamente alla persona che vi si nasconde senza lasciar intravedere la forma umana né tantomeno forme estranee all’ambiente circostante.

Foto by Anita Stizzoli

Foto by Anita Stizzoli

La capacità di mimetismo è davvero eccellente, come si può vedere nella foto qui a fianco nonostante la texture autunnale non proprio adatta alla vegetazione verdeggiante.
A prima vista si presenta come un semplice “lenzuolo” di colorazione mimetica, ma è realizzato appositamente a scopo fotografico: sulla parte frontale c’è un’apertura per l’obiettivo (di dimensioni generose per soddisfare le esigenze di tutti) e poco più indietro un’apertura verso l’alto destinata al flash. Poco sopra, all’altezza degli occhi, è cucita una retina dello stesso colore del telo che permette al fotografo di avere una visione di circa 180° davanti a sè. Sulla sommità, infine, si trova una cucitura di rinforzo a forma circolare studiata appositamente per la testa che permette di indossare il telo senza che si sposti.
Ovviamente questa soluzione non è priva di difetti… il più marginale è che non può essere utilizzato in caso di pioggia (a meno di essere ben equipaggiati sotto), anche se ne esiste una versione impermeabile. L’aspetto un po’ più critico riguarda invece la particolare attenzione che bisogna prestare ai movimenti sotto di esso; ogni movimento rischia infatti di renderci visibili, anche se nelle occasioni in cui l’ho utilizzato si è comunque rivelato più efficace delle altre soluzioni finora adottate.

Un’immagine su tutte, catturata grazie alla copertura mimetica, è quella dell’imbeccata delle upupe. Io e Anita avevamo un’intera famiglia di questi meravigliosi uccelli a 4-5 metri di distanza; abbiamo avuto la fortuna di trovare un campo dove si alimentavano e, nascosti tra gli arbusti o alla base dei noccioli con indosso il telo, siamo riusciti a seguire per lungo tempo gli animali da vicino senza recare loro alcun fastidio.

Upupa (Upupa epops)

Questa ed alcune delle foto scattate quest’anno con l’ausilio del telo mimetico (altre le devo ancora postprodurre) le trovate nella gallery “Avifauna”.
Per chi invece fosse interessato al telo in questione consiglio di dare un’occhiata al sito LensCoat nella sezione “accessori” cercando il Kwik Camo o al sito tedesco Augenblicke-eingefangen dove, nella sezione Tarnung/Camouflage, se ne trovano varie versioni.

Bruchetti che passione!

Finalmente dopo mesi di calma piatta mi sono preso il tempo per sistemare un po’ di foto scattate quest’anno e di caricarle all’interno delle gallerie. Arrivati oramai a dicembre posso fare un bilancio di quest’anno che, rispetto agli ultimi, è stato sicuramente positivo.

Complice un meteo inclemente che ci ha accompagnato per tutta l’estate, le uscite fotografiche non sono state molte quest’anno e generalmente erano localizzate nei dintorni di Merano; questo però mi ha dato la possibilità di dedicarmi di nuovo alla fotografia macro che qualche piccola soddisfazione me l’ha sicuramente regalata.
Senza dubbio quella più grande è legata allo sfarfallamento delle libellule, evento sul quale ho scritto un articolo un po’ più approfondito che trovate nella sezione “Articoli” del sito. Ma sono anche altri i soggetti che ho avuto occasione di fotografare, tra cui alcuni bruchi diversi rispetto a quelli di vanessa dell’ortica visti oramai in mille occasioni.

Larva di vespa Bruco
Bruco Bruco del geranio

Nelle foto qui sopra (che ritroverete anche nelle gallerie) si possono vedere i bruchi di due diverse farfalle, di una falena e la larva di una vespa. Finora le poche immagini di bruchi che avevo erano pubblicate nella galleria “Farfalle e falene”, ma dato che quelli che chiamiamo abitualmente “bruchi” non sono sempre larve di lepidotteri bensì anche di altri generi di insetti (come la larva di vespa della prima foto), ho pensato di creare una nuova gallery dedicata in modo più specifico a bruchi e larve.

Come distinguere il bruco di una farfalla da una larva di un altro insetto? In molti casi a prima vista non è così semplice ed anch’io l’ho scoperto da poco. La differenza sostanziale è il numero di zampe (o meglio di pseudopodi) che caratterizzano la larva. I bruchi possiedono infatti 3 paia di zampe nei primi segmenti toracici, che sono articolate e che diventeranno le zampe vere e proprie dell’insetto allo stadio adulto; sui segmenti addominali, al contrario, troviamo le “false zampe” che sono esclusiva dello stadio larvale.
Il numero di queste false zampe è variabile: nelle larve dei lepidotteri sono generalmente 5 paia, mentre in quelle di altri insetti (come appunto vespe, ma anche coleotteri e ditteri) sono in numero maggiore e si estendono lungo tutto il corpo.

Falena sul terrazzo di casa

Qualche volta per fare fotografia naturalistica non serve andare tanto lontano: basta un parco cittadino, un prato vicino casa… perfino il giardino condominiale per trovare vita animale, per quanto piccola essa possa essere. Ma a volte capita anche di avere la fortuna di avere ospiti inaspettati anche sul terrazzo di casa.
Nel mio caso, ad esempio, quasi ogni giorno vengono a trovarmi sul terrazzo cinciallegre, cinciarelle, passeri, merli e recentemente anche verdoni che sostano sul mio ulivo sul quale gli faccio a volte trovare semi ed altre delizie adatte a loro. Ma non sono i soli…

Il giorno di Pasqua, mentre dava una pulita ai balconi, mia moglie ha visto sulla rete ombreggiante che abbiamo messo sul parapetto una falena grande almeno 4-5 centimetri. Un po’ schifata ( :asd: ) mi ha chiamato per farmela vedere e quella per me è stata una bella sorpresa; certo l’ambientazione non era delle migliori, ma ogni tanto le cose che raccogliamo in giro tornano utili. L’autunno scorso, infatti, avevo preso un pezzo di corteccia da un castagno tagliato e l’ho portata a casa per farci qualche lavoretto con mio figlio Riccardo. Non avendola ancora utilizzata a tale scopo, mi è tornata utile in altro modo: l’ho avvicinata alla falena e ho toccato delicatamente quest’ultima affinché si muovesse spostandosi sulla corteccia.
La falena sembra aver gradito quel posatoio, spostandosi di buon grado e posizionandosi proprio nel centro del legno.

Non volevo disturbarla troppo, quindi l’ho messa all’ombra (anche se per fotografare la luce non era delle migliori) ed ho inziato ad allestire il set. Che in realtà non era poi così complesso: l’unica fonte di luce non naturale era un pannello riflettente bianco, mentre per il resto l’attrezzatura era costituita dal treppiede, scatto remoto e due obiettivi (il Canon 180mm macro e il Canon 300mm f/2.8).
Ecco uno degli scatti realizzati…

Sphinx pinastri

 

Si tratta di un esemplare di Sphinx pinastri, grossa falena così chiamata poiché il bruco si nutre delle foglie delle conifere. A detta degli esperti del forum di Natura Mediterraneo si trattava con buona probabilità di un soggetto appena sfarfallato.
Se proprio vogliamo essere fiscali, la corteccia in questione non è esattamente quella della pianta ospite, ma è vero anche che nemmeno la ringhiera del terrazzo sarebbe stata proprio il suo ambiente naturale 🙄

Tra i molti scatti ho scelto questo realizzato con il 300mm. La difficoltà nel fare macro con un soggetto così grosso (quasi 2cm tra la punta delle zampe e la schiena) sta nell’avere tutto a fuoco. Con il 180 macro ho ottenuto dei buoni scatti, ma la profondità di campo è ridotta anche a diaframmi molto chiusi; per questo ho scelto di montare il 300mm con il quale ho ottenuto una buona profondità di campo senza sacrificare la qualità dell’immagine.

Il buongiorno si vede dal mattino

Se il buongiorno si vede dal mattino, quella di sabato non poteva essere un’uscita a vuoto. E’ stata la prima vera uscita fotografica della stagione, orientata in primis alla fotografia macro; il massimo sarebbe stato riuscire a trovare i macaoni, grandi e splendide farfalle che spesso mi è capitato di vedere lungo i sentieri del Sonnenberg a Naturno, ma visto il lungo digiuno creativo penso che qualunque soggetto sarebbe stato per me meglio di nulla.

Ero d’accordo con Anita per trovarci all’alba e fare un giro a margine del parco naturale del Tessa; arrivato sul posto con un po’ in anticipo mi sono da subito incamminato lungo il Waalweg che attraversa il Monte Sole per una prima esplorazione. Ed ecco subito presentarsi la prima grande ed emozionante sorpresa della giornata: nel bosco di querce, oltre la recinzione che delimita il parco, un rapido movimento tra il fogliame ha attirato la mia attenzione.
Il primo pensiero è ovviamente andato ai caprioli, sicuramente i mammiferi più facili da avvistare nei nostri boschi; ma quando ho focalizzato lo sguardo tra gli alberi si è rivelata, a pochissimi metri da me, una coppia di grosse lepri che, anche se solo per pochi istanti, si è lasciata ammirare intenta nei propri giochi amorosi per poi dileguarsi così com’era comparsa.
Non ho avuto tempo di scattare, pur avendo la fotocamera con il 180mm montato, ma quel fulmineo incontro è stato emozionante senza peraltro scatenare in me quella sorta di “istinto predatorio” che lo scorso anno mi ha spinto a prendere una pausa di rilfessione (vedi post precedenti).

Come detto la ricerca era prevalentemente rivolta ai macaoni ma, nonostante la vista di un solo esemplare in volo quando oramai stavamo per rientrare, la mattinata non è andata affatto male…

Cavallettamaschio di Hyphoraia testudinaria
Orchidea spontanea (Cephalantera sp.)Coccinella su margherita

Grazie ad Anita, che per prima le ha trovate (definendoli “fiorellini bianchi con le foglie lunghe” ed assistendo subito dopo ad un mio scatto fulmineo), oltre a diversi insettini ho avuto modo di fotografare delle belle e freschissime orchidee del genere Cephalantera (devo ancora capire se si tratta di C. longifolia o di C. damasonium). Dopo tanto tempo con la fotocamera quasi appesa al chiodo, direi che come inizio non c’è male!
Ma le vere protagoniste alla fine sono state due falene, un maschio ed una femmina di Hyphoraia testudinaria (foto 2) che ci hanno occupato buona parte della mattinata ottenendo scatti che hanno da subito riscosso un certo successo sui social network come Facebook e 500px.

Anno sabbatico concluso

Era il 6 luglio dello scorso anno che annunciavo una pausa di riflessione fotografica, durante la quale volevo ritrovare la mia curiosità, personale prima ancora che fotografica, ed anche una maggiore sintonia verso le cose ed il mondo che mi circonda. La pausa vera e propria era iniziata in realtà già alla fine del mese di aprile 2013, dopo gli ultimi scatti fatti in val d’Ultimo, annunciata sulla mia pagina Facebook come un “semestre sabbatico” che iniziava proprio quando la Natura si apprestava al suo annuale risveglio, con tra l’altro un certo disappunto da parte dei miei abituali compagni di uscite.
Quelli che dovevano però essere sei mesi si sono protratti più del dovuto, pur non avendo mai abbandonato del tutto la fotocamera. Chi mi segue sul popolare social network avrà infatti visto qualche mio scatto nuovo, ma nessuno frutto di uscite fotografiche programmate. E così quello che doveva essere un semestre sabbatico è diventato un intero anno che però oggi posso finalmente dichiarare concluso.

In questo lungo periodo anche il mio sito è rimasto congelato; in compenso ho dedicato il mio tempo libero alla famiglia ed a me stesso, sia a livello fisico che mentale. Ho seguito una dieta (perdendo circa 12-13 kg, cosa che mi è stata molto utile), ho ripreso ad andare in bicicletta ed a guardarmi intorno con interesse. Tutte cose che mi hanno fatto molto bene.
Con la fotocamera? A volte anche…

Maschio di svasso maggiore

In questo scatto di marzo, un maschio di svasso maggiore (Podiceps cristatus) fotografato al lago di Monticolo dove ero andato per una delle classiche passeggiate domenicali con mia moglie Jenny e il mio piccolo Riccardo. Anche questo scatto, che fa parte di una serie più ampia di immagini tra il famigliare ed il naturalistico, mi ha fatto capire che era finalmente giunto il momento di riprendere le uscite fotografiche!

Nel corso del mese di aprile ne ho già  fatte un paio ed in questi mesi comunque ho ricominciato (pian piano) a sistemare vecchi scatti. Se tutto va bene spero nei prossimi giorni di riuscire ad aggiornare tutte le gallerie con una parte dell’arretrato e di inserire su queste pagine un po’ di scatti freschi freschi  🙄
A presto!

Pausa di riflessione

Quando guardo al mio passato e rifletto su cosa significasse per me fotografare riesco ancora a ricordare quella che era un’autentica passione, una passione che mi dava ad ogni scatto un’emozione e che mi portava ad osservare la Natura ed il mondo che mi circonda in modo più attento o, forse, più semplicemente con un occhio diverso. Ed è questo che ogni fotografo dovrebbe essere in grado di fare: cogliere il dettaglio, sentirsi tutt’uno con il soggetto. Non importa che si sia fotografi professionisti o semplici fotoamatori… l’importante è entrare in sintonia con ciò che si fotografa.

Ma come forse avrete capito, da diverso tempo oramai per me non è più così. L’avevo già scritto tempo fa che sentivo di essere diventato più un “cacciatore” di immagini piuttosto che il fotonaturalista cui ambisco essere. Ed è forse anche per questo che il mio hard disk da un paio d’anni a questa parte s’è sempre più riempito senza che io poi mettessi mano a quelle foto in postproduzione o che queste finissero sulle pagine di questo sito, che in passato era decisamente molto più aggiornato e (penso) coinvolgente… non solo dal punto di vista delle immagini inserite, bensì anche nei racconti delle varie uscite, piccole o impegnative che fossero. Ogni scatto, ogni immagine, rappresentava per me un miglioramento ed un’esperienza da raccontare, non un semplice trofeo da esibire nei forum o sulle pagine di Facebook.
Forum, gruppi e circoli fotografici hanno il grande pregio di essere un’ottima scuola ed uno spazio di confronto, ma comportano anche un grosso rischio: l’invidia e la conseguente frustrazione sono sempre in agguato e questo, talvolta inconsciamente, ci porta a non vedere più il mondo con i nostri occhi, bensì con gli occhi degli altri, di coloro da cui ci si aspetta che la nostra produzione fotografica venga apprezzata.

Ecco… è proprio questo l’errore! Un conto è se si è “costretti” per lavoro a realizzare ciò che il cliente chiede, ed in quel caso spesso la perfetta conoscenza della tecnica (fotografica, grafica o entrambe) riesce a far ottenere risultati di elevato livello, ma il bello di un hobby e che è qualcosa di personale, quasi intimo. Lo si può condividere con gli altri, ma non si deve mai perdere quel legame con se stessi, con quello che è il proprio io. Sono pochi quelli fortunati che riescono a coniugare entrambe le cose.
Forse è anche per questo che negli ultimi tempi sono entrato in una sorta di pausa di riflessione che mi ha portato a tenere sempre più spesso la fotocamera ferma nello zaino. Ma ora pian piano voglio uscire da questa situazione… voglio ritrovare innanzitutto il legame con il mondo che mi circonda, nonché riprendere a fotografare “a modo mio”, anche se con qualche nozione e qualche trucchetto in più rispetto al passato. E lo voglio fare da solo, in intimità con la Natura; spero che per questo gli amici di tante uscite mi perdoneranno, ma spero anche che capiscano… e che prossimamente si possa tornare a far foto assieme 😉

Vespa

Ah, dimenticavo… oggi ho fatto un primo passo in questa direzione. Penso di essere ancora abbastanza lontano dal ritrovare quel legame di cui parlo, ma come la piccola vespa che ho fotografato questa mattina in un fiore di ranuncolo, poco prima che si svegliasse per riprendere la sua attività quotidiana, così spero di risvegliare in me quella passione vera, nata prima con l’amore verso la Natura e solo in un secondo momento è sfociata nell’hobby della fotografia.

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