Due passi in Val Roseg

Era l’ormai lontano ottobre 2007 quando per la prima volta sarei potuto andare a fare la mia primissima uscita fotografica nella meravigliosa Val Roseg in Engadina (Svizzera). In quell’occasione i miei compagni di viaggio sarebbero dovuti essere Paolo, Fabrizio, Andrea e Maurizio, ma le cose non sono andate come avrebbero dovuto ed alla fine, causa impedimenti personali, ho dovuto abbandonare il gruppo e rimandare la mia visita a data da destinarsi.
Da quel giorno avrei avuto altre possibilità, sia in compagnia di amici che con il Fotoclub Immagine che a suo tempo frequentavo, ma alla fine ho sempre rinunciato.

Da tempo aspettavo quindi l’occasione giusta che per un motivo o per l’altro sembrava non arrivare mai. Ma come scritto un paio di post fa, da poco ho acquistato un Mercedes Vito Marco Polo e come meta per la prima uscita famigliare abbiamo scelto proprio di andare a Pontresina, il paese da cui diparte il sentiero per la bella Val Roseg.
Questo luogo è molto conosciuto, soprattutto tra i fotografi naturalisti, per il “bosco delle cince” e per l’estrema confidenza con l’uomo da parte dei suoi abitanti. Cince sì, ma anche nocciolaie, picchi muratori, scoiattoli ed altri animali che abitano questi boschi.

Il tempo purtroppo non era molto; probabilmente sarebbe stato meglio andarci durante il ponte di Ognissanti, ma il campeggio che avevamo individuato chiudeva di lì a breve e quindi abbiamo optato per partire un sabato mattina di metà ottobre per tornare poi la domenica pomeriggio. Siamo arrivati a Pontresina intorno alle 14.00 e dopo aver parcheggiato il Vito ci siamo subito incamminati verso la Konzertplatz, una radura in mezzo al bosco dove si trova la maggior concentrazione di uccellini e dove già erano presenti diverse famiglie con bambini intente a foraggiare i volatili.

Ho realizzato vari scatti, ma dato il poco tempo a disposizione ho voluto anch’io godermi quel momento, lasciando invece un po’ da parte l’aspetto fotografico: vedere uno, due, tre piccoli esserini che ti si posano sulla mano in cerca di cibo è qualcosa che ti spalanca il cuore 💕e ti fa dimenticare per un attimo lo stress quotidiano.

Come San Francesco...

Per tutti noi è stata una grande emozione: è bastato tirar fuori il sacchetto con i semi per vedersi subito avvicinare da moltissimi uccellini, in particolare cince bigie e cince more, che non si sono fatti alcun problema nell’accettare il cibo dalle mani di sconosciuti, anche se per la prossima volta è il caso di prendere nota delle loro preferenze alimentari: semi di girasole per tutti! 😅 

Il sole è purtroppo calato molto presto; nonostante i suoi 1800m di altitudine, la Val Roseg è circondata da monti piuttosto alti che già verso le 16.00 hanno celato il sole, rendendo piuttosto difficile ottenere buoni scatti, anche se qualcosa l’ho comunque portato a casa…



Per le prossima occasione dobbiamo prevedere un fine settimana lungo, partendo il venerdì in modo da avere l’intero sabato a disposizione, non solo per la visita alla Konzerplatz, ma anche per un’escursione lungo la bella valle che per questa volta abbiamo dovuto rimandare.
Avremmo voluto sfruttare la domenica per una passeggiata verso il Roseg Gletscher, ma purtroppo come da previsioni la giornata è stata fredda e piovosa ed abbiamo quindi deciso di ripartire per Merano già in mattinata.

L’Engadina in ogni caso non è solo la Val Roseg. Il paesaggio in questa valle svizzera è ovunque incantevole, persino nel posto che abbiamo scelto per trascorrere la notte. Il camping Morteratsch si trova a circa 5km dal centro di Pontresina lungo la strada che porta al passo del Bernina; si affaccia su due incantevoli laghetti, è attraversato da un tranquillo ruscello e circondato dalla Natura. Non mi stupisce quindi che in questo contesto la notte sia trascorsa accompagnata dal bramito dei cervi e che al nostro risveglio fossimo circondati dagli scoiattoli che venivano a cercare cibo nei pressi delle piazzole.

E per finire assolutamente degna di nota è anche la strada del Passo del Forno che collega l’Engadina alla Val Monastero attraversando in parte il Parco Nazionale Svizzero; in alcuni luoghi il paesaggio ricorda molto le foreste del Nord Europa e non è raro lungo il percorso imbattersi in animali selvatici al pascolo. Sulla strada del ritorno abbiamo infatti avuto la fortuna di imbatterci in diversi gruppetti di camosci, alcuni dei quali piuttosto confidenti che, lasciato il furgone lungo la strada, si sono lasciati avvicinare a piedi per qualche scatto in una bella cornice autunnale.

camoscio06

Arrivederci Engadina, ci rivediamo tra qualche mese!

La riserva della Feniglia

Esistono in Italia dei luoghi dove la Natura è in pace con l’uomo; la Maremma Toscana è certamente uno di questi luoghi e di essa fa parte anche il Tombolo della Feniglia, una sorta di cordone di sabbia che percorre il lato sud della laguna di Orbetello collegando l’entroterra con il Monte Argentario. Il tombolo, o Duna della Feniglia, si sviluppa per circa 6 km ed è costituito da spiaggia con vegetazione litoranea sul lato sud, da un’imponente foresta di pini nella parte centrale e da una fascia tipicamente lagunare sul lato nord.

Quest’estate ho trascorso con la famiglia una decina di giorni sulla laguna di Orbetello ed ho avuto anche alcune occasioni per trascorrere qualche ora nella riserva. La mia prima visita si è svolta nel corso di un Tour in mountain bike attorno alla laguna, senza fotocamera (avevo solo l’iPhone con me), nel corso del quale non però ho avuto modo di apprezzare a pieno il valore naturalistico della Feniglia.
All’inizio del percorso, dopo poche centinaia di metri venendo dall’Argentario, si trova subito un cartello illustrativo ed un capanno di osservazione dal quale, in realtà, non ho visto praticamente nulla se non alcuni anatidi in lontananza. In compenso ho sentito molto bene le le zanzare (pessima idea andarci nel tardo pomeriggio senza protezione!) e le cicale che, proseguendo con la pedalata, mi si lanciavano letteralmente addosso. Più avanti la cosa si è invece fatta più interessante e lungo la laguna ho notato diversi gruppi di cavalieri d’italia accompagnati da gabbiani ed altri limicoli non meglio identificati.

Ma è solo quando sono arrivato verso l’uscita della riserva che ho assistito ad una scena inaspettata: una signora con la figlia offrivano della frutta ad un gruppo di femmine di daino con i piccoli che si avvicinavano apparentemente senza alcun timore; le due mi hanno poi invitato ad avvicinarmi e fare lo stesso… che emozione!

Capanno di osservazione nella riserva della Feniglia

Qualche giorno dopo, svegliandomi di buonora, ho raggiunto nuovamente la riserva Duna della Feniglia, questa volta in auto e con scopi fotografici; poiché però l’intero percorso si sviluppa appunto su circa 6km ho pensato bene di utilizzare ancora una volta la mia mountain bike per gli spostamenti.
Il sole non era ancora sorto, il cielo era terso e sulla laguna regnava una grande calma. Ho deciso inizialmente di provare un appostamento all’interno del capanno di osservazione dove ho atteso qualche ora (stavolta con dosi abbondanti di Autàn! 😬 ), ma gli unici soggetti che sono riuscito ad osservare e ritrarre sono stati una garzetta che ha trascorso almeno un’ora sulle salicornie, una famiglia di volpoche ed un guardingo porciglione con prole al seguito.

A metà mattina ho deciso di spostarmi lungo la laguna per altre osservazioni. Devo dire che muoversi in bicicletta con lo zaino sulle spalle ed il 300mm imbracciato era tutt’altro che comodo… forse a piedi sarebbe stato più semplice, ma pace. Mi sono fermato più volte per fotografare, anche se un po’ da lontano, alcuni giovani cavalieri d’Italia; e con loro ho visto garzette, aironi, piro piro, un chiurlo ed altri rappresentanti dell’avifauna locale.


Avendo con me la fotocamera oramai l’idea era però quella di raggiungere l’ampia radura in cui si trovavano i daini per fotografarli da vicino; così ho seguito il percorso naturalistico fino alla fine giungendo in loco ancora con una bella luce radente e riuscendo quindi a fare un po’ di scatti agli ungulati che però rimanevano ad una certa distanza.
Anche questa volta erano presenti solo femmine con i cuccioli; i maschi, mi ha detto la ragazza qualche giorno prima, tendono a rimanere nel folto del bosco.

Femmina di daino (Dama dama)

Tutt’altra situazione invece l’ho trovata la sera stessa, quando ho pensato di portare anche mia moglie e mio figlio a vedere i daini ed a provare a dar loro da mangiare.
Acquistata un po’ di frutta nel supermercato del campeggio, intorno alle 18.00 ci siamo diretti verso Ansedonia, parcheggiando questa volta l’auto proprio vicino all’ingresso della riserva dove si trovano i daini. Una delle femmine, non appena visto il sacchetto con il cibo, si è precipitata verso di noi prendendo ben volentieri albicocche ed altra frutta dalle mani di Riccardo, tutto felice per l’incontro!

Femmina di daino (Dama dama)

Non sono certo che sia giusto questo rapporto così “amichevole” tra fauna selvatica ed esseri umani. Fortunatamente in questo luogo meraviglioso gli animali non corrono pericoli e sono protetti, al contrario di altri luoghi dove il foraggiamento ha purtroppo un secondo fine poco felice per gli animali.

Vita itinerante

La novità più grande di quest’anno non è tanto la nuova postazione computer di cui ho scritto l’altro giorno, ma il nuovo acquisto fatto a metà settembre…

Negli ultimi anni mi è capitato spesso di guardare e sognare con il mio collega Alberto, su siti come Autoscout24 o Subito.it, i vari furgoni VW Multivan, California o simili. Chi ha anche solo una volta guardato il costo di un VW California usato saprà sicuramente che i costi sono decisamente elevati… parliamo infatti di cifre che superano i 20.000 Euro per mezzi di 20 anni e con oltre 200.000 km all’attivo. Non che fosse il mio sogno da sempre, ma ultimamente sono stato ispirato dall’esperienza di amici e conoscenti; inoltre con mia moglie avevamo già pensato più di una volta all’acquisto di un camper.
Così, quando per puro caso ho trovato un Mercedes Vito Marco Polo (mezzo tra l’altro utilizzato dall’amica Anita con grande soddisfazione) ad un prezzo abbordabile, e per di più nella mia città, sono subito andato a vederlo ed è stato quasi amore a prima vista!

Il Vito Marco Polo è un po’ una via di mezzo tra un T4 ed un T5 della Volkswagen: ha la trazione anteriore, la leva del cambio sulla plancia anziché tra i sedili ed un design tutto sommato ancora piuttosto attuale. In compenso, in buona parte per una questione storica, il Mercedes è meno richiesto rispetto al più blasonato California e pertanto lo si può trovare sul mercato a costi inferiori rispetto al Volkwagen. Nel mio caso il mezzo si presentava in ottime condizioni di carrozzeria e gli interni erano messi piuttosto bene (in particolare i sedili); certo… qualche lavoretto andava fatto, ma non potevo lasciarmelo sfuggire!

Il mio “nuovo” Mercedes Vito Marco Polo nel campeggio di Pontresina in Engadina (CH)…

Questo genere di mezzo offre grandi opportunità; le dimensioni sono contenute e può essere utilizzato quindi come un’automobile, ma ha tutto il necessario per viaggiare: mobiletti ed armadietti, una piccola cucina con due fuochi, frigorifero, riscaldamento indipendente e 4 posti letto. Per un fotografo inoltre offre la grande opportunità di dormire a stretto contatto con la natura e nei pressi dei soggetti da fotografare senza doversi alzare ad orari improponibili.
Ad esempio le mie due primissime uscite con il Vito sono state nel Parco Nazionale dello Stelvio in occasione del bramito del cervo. Gli scorsi anni per poter fotografare questo particolare momento la sveglia era puntata alle 3.30 perché dovevamo calcolare circa un’ora e mezza di viaggio; quest’anno io e Anita (ognuno col proprio mezzo, ovviamente) abbiamo invece parcheggiato a pochi passi dal bosco e trascorso lì la notte, guadagnando sonno prezioso. Anche se poi le cose non sono andate come sperato… ma questa è un’altra storia.

Invece la prima uscita con la famiglia è stata due weekend fa. Dopo ben 10 anni, finalmente sono riuscito a fare una gita fuori porta in Engadina (Svizzera) ed a trascorrere qualche ora nella magnifica Val Roseg a Pontresina. Abbiamo pernottato nel campeggio Morteratsch, immerso nella natura a pochi km dal paese, e nonostante qualche problema per via del riscaldamento che seccava troppo l’aria l’esperienza è stata positiva: mio figlio si è divertito e nella notte ci ha accompagnato il dolce scorrere del ruscello ed il bramito dei cervi.

Il Vito si trasformerà in una seconda casa? Non ne sono sicuro ed è comunque presto per dirlo ma… staremo a vedere! 🙂

Nuova postazione

E anche stavolta è passato parecchio tempo dall’ultimo post… sembra proprio che io non riesca a tenere più aggiornato il mio sito come un tempo. A mia discolpa devo anche dire che negli ultimi anni mi sono ridotto a postprodurre le foto su un Macbook con schermo da 15″ che non è propriamente il massimo. Ho notato infatti che, nonostante il tanto osannato monitor Retina, la qualità delle immagini ne resentiva moltissimo: utilizzando la risoluzione retina nativa, in Photoshop le immagini vengono aperte al 50% della loro dimensione ed ingrandendole al 200% (per avere quindi l’immagine alla dimensione effettiva usata da Anteprima o su web) l’immagine si sgrana e non rispecchia la realtà. Ho provato anche ad utilizzare Photoshop a bassa risoluzione, ma anche in questo modo non riuscivo a lavorare.

Nuova postazione computerDopo quasi 5 anni, quindi, finalmente mi sono deciso e qualche settimana fa ho predisposto una postazione di lavoro un po’ più decente. Il mio vecchio PC, con Spotify sempre in funzione e collegato all’impianto audio 5.1, funge da accompagnamento mentre lavoro; Photoshop & co. girano invece sempre sul Macbook, ma ora il tutto è collegato a monitor da 24″ (comprato a buon prezzo da mio cugino Davide che l’ha utilizzato per la sua attività professionale di fotografo) con anche mouse e tastiera che possono essere usati alternativamente su una o l’altra piattaforma con un semplice switch.

Devo dire che il cambiamento con un monitor serio è notevole; la prima cosa di cui mi sono reso conto è che le immagini postprodotte negli ultimi anni hanno una qualità parecchio scadente, soprattutto una volta ridotte per la pubblicazione online. Qualcuna mi toccherà anche rivederla, ma di certo ora sono molto più soddisfatto del risultato una volta salvata l’immagine definitiva e di qui in avanti non penso che mi capiterà più così spesso di osservare le foto al termine della postproduzione e di restare deluso da quanto realizzato.

Che sia #lavoltabuona, come scriveva qualcuno sui social?  :shy: 

Una mattinata surreale

Riprendo dopo lungo tempo a scrivere sul mio blog per raccontarvi la mattinata surreale che ho vissuto ieri.

Da alcune settimane nel mio salotto fa bella mostra di sé una fotografia di pulsatilla vernalis; si tratta di una foto del calendario dell’albergo Bad Moos che ci è stato regalato lo scorso anno in occasione della nostra vacanza a Sesto Pusteria. Questa immagine mi ha fatto venire la voglia di tornare a realizzare uno scatto simile.
Il 25 aprile di due anni fa alla fine di aprile, durante un’uscita fotografica in alta Val Passiria in località Ulfas, abbiamo trovato un prato con moltissime pulsatille, ma a causa del cielo grigio molte di esse erano chiuse e non sono riuscito a realizzare lo scatto che avrei voluto. Quello qui sotto, realizzato quel giorno con l’iPhone, è solo un esempio di ciò che ho ottenuto quel giorno.

Pulsatilla vernalis

Dato che ieri il meteo dava sole e visto che nei giorni scorsi è nevicato su tutta la nostra regione, ho pensato di alzare la posta: avrei infatti potuto trovare spunti fotografici interessanti con i fiori circondati o parzialmente coperti dalla neve oltre magari qualche incontro fortuito con la fauna locale.

Così ieri mattina mi sono diretto verso Moso in Passiria e poi in località Ulfas dove ho intrapreso una breve escursione. I prati brulicavano di vita nonostante il freddo quasi anomalo per il periodo (-2° circa).
Arrivato al piccolo parcheggio, però, ho cominciato a pensare che non avrei avuto molte chance di ottenere gli scatti che volevo; già intorno ai 1500m era tutto coperto da buoni 10 cm di neve fresca che, salendo leggermente di quota, sono diventati poi quasi 20 cm. Non ero pronto né tantomeno attrezzato per una situazione del genere e quindi ho deciso di desistere e cambiare meta. Peccato, perché proprio nel momento in cui mi sono fermato ho osservato in lontananza un capriolo che saltellava in mezzo alla neve fresca!

Strada forestaleParcheggio innevato
NevePrato innevato

Tornato all’auto mi sono diretto verso la laterale valle di Valtina e quindi verso Passo Giovo. Anche qui però la situazione non era molto diversa; non che mi aspettassi di trovare le pulsatille, ma pensavo di raggiungere comunque il limite della neve per fotografare altri fiori come primule, crocus e farfaracci. Purtroppo intorno ai 1000-1200 metri la stagione è già più avanti, mentre salendo di quota la situazione era nuovamente quella vista nella piccola frazione di Ulfas: diversi centimetri di neve fresca che ricoprivano tutto.

Temevo sarebbe stata una delle tante uscite a vuoto, ma finalmente… un piccolo colpo di fortuna. Scendendo per la strada del Giovo, nei pressi di Valtina, ho visto con la coda dell’occhio un gheppio (Falco tinnunculus) fermo su un cavo a pochi metri dalla strada. Mi sono fermato appena possibile con l’intenzione di tornare indietro di qualche decina di metri, ma dopo il passaggio di alcune auto a velocità elevata il gheppio si è spostato su un albero nei prati sottostanti la strada. A quel punto ho deciso di scendere dall’auto per cercare un posto da cui osservarlo e fotografarlo.
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Mi sono seduto con il teleobiettivo imbracciato a ridosso di una vecchia stalla e ben presto i gheppi sono diventati tre, facendo voli e hovering nella classica posizione dello spirito santo.  Ad un tratto dal boschetto sottostante è spuntato un rapace molto più grosso, ma a me anche molto famigliare: una poiana (Buteo buteo) seguita poco dopo da una seconda poiana. Le due hanno poi volteggiato più volte intorno alle punte degli alberi vicini per poi allontanarsi.
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Dato che i gheppi facevano lo spirito santo dandomi le spalle, volando controvento, ho deciso di spostarmi di un centinaio di metri più a monte. E’ a quel punto che di gheppi in volo ne ho visti ben 9 contemporaneamente sopra lo stesso campo, a cui se ne aggiungevano altri 3 nel campo sottostante. Tra quelli in volo e quelli posati, in totale i gheppi erano almeno 13 esemplari sui due piccoli appezzamenti di terreno!
Ad un tratto dagli alberi è spuntata nuovamente una figura più grande, ma non si trattava di una poiana. Inizialmente ho pensato ad un falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), mentre al secondo volteggio ho capito che si trattava invece di un nibbio bruno (Milvus migrans). Anche lui mai visto da così vicino!
Insomma… nonostante la mattinata non sia andata come me l’ero prefissata, ho avuto comunque una bella soddisfazione. Ed a conclusione della stessa nel campo in cui mi sono fermato ad osservare le evoluzioni dei rapaci, contro ogni mia aspettativa, insieme alle classiche primule gialle anche i primi esemplari di orchidee (Neotinea tridentata).
Se penso che la giornata è iniziata con una camminata in quasi 20 cm di neve fresca, non trovo altre parole per definire la mattinata di ieri se non appunto… surreale!

Prime orchidee ad Aldino

Come tutti sanno, le orchidee sono un fiore che appartiene prevalentemente alla fascia climatica tropicale e subtropicale. Al mondo ne esistono migliaia di specie (complessivamente circa 28.000), ma solo 190 crescono sul territorio italiano e poco più di 1/4 di esse sono state censite sul territorio regionale del Trentino Alto Adige.
Da qualche anno le orchidee spontanee sono diventata una delle mie passioni, tanto che nel 2015 mi sono iscritto al G.I.R.O.S. (Gruppo Italiano Ricerca Orchidee Selvatiche). Per questo motivo anche quest’anno la mia attività fotografica primaverile, concentrata nelle pochissime giornate libere, è stata finora dedicata in particolare a questi fiori.

Quattro in tutto le uscite di cui ben tre ad Aldino, nel Parco Naturale Monte Corno… l’ultima lo scorso sabato mattina.
A 1600 metri di quota la fioritura non è ancora entrata nel vivo, ma un’orchidea in particolare anticipa tutte le altre: si tratta di Dactylorhiza sambucina. Lo scorso anno dopo metà giugno ne rimanevano già poche tracce, perlopiù alcuni esemplari in frutto, quindi quest’anno non volevo assolutamente perdere l’occasione di fotografarle.

Fioritura di Dactylorhiza sambucina

Sapendo, grazie a Facebook, che in Lessinia a cavallo tra Trentino e Veneto la fioritura era già entrata nel vivo, ho proposto la prima uscita già all’inizio di maggio; e non mi sono sbagliato poi di molto… Nonostante la temperatura tutt’altro che primaverile e la presenza nel sottobosco di Hepatica nobilis in fiore (peraltro non comune a questa quota), le prime sambucine erano sbocciate. Poche a dire il vero, cresciute tra una moltitudine di primule e genziane, ma è stato un inizio e per me la prima occasione di vederle dal vivo e fotografarle. In compenso la mattinata non è andata propriamente come avrei voluto a causa di un leggero malessere che mi ha accompagnato per quasi tutto il tempo.
La domenica seguente nuova uscita, in compagnia di Anita, Chiara e Andrea. Una giornata decisamente più proficua e con molte più fiori a disposizione da fotografare.

Dactylorhiza sambucinaDactyloriza sambucina
Dactylorhiza sambucinaDactylorhiza sambucina

Questa orchidea possiede una grande variabilità nella colorazione; la forma più diffusa, come si vede anche dalla foto di Instagram sopra, è quella gialla anche se spesso è accompagnata da piante con fiori color magenta.
Quello che stavamo cercando era però la rara forma chusae; purtroppo la ricerca non è andata a buon fine… chissà, forse il prossimo anno!

Convegno a Sondrio: inverno sostenibile

Ricevo e molto volentieri condivido questo comunicato stampa dell’interessante convegno, organizzato dall’Associazione Guide Alpine Val Masino – Val di Mello “Il Gigiat” sulla problematica degli sport outdoor (in particolare di quelli invernali) nei confronti della fauna selvatica, che si terrà a Sondrio il prossimo 28 novembre.


SONDRIO — Scialpinismo, freeride, escursioni con le ciaspole, eliski e motoslitte. Sono sempre più numerosi i frequentatori della montagna invernale, ma la fragilità degli ecosistemi montani, e in particolare della fauna nella fase di svernamento, richiede una riflessione e regolamentazioni condivise per limitare il rischio di compromissione del patrimonio naturalistico ed evitare conflitti nell’utilizzo degli spazi da parte dei praticanti.
È questo il tema del convegno “Le Alpi in inverno, conservazione della natura e attività turistiche: c’è spazio per tutti?” organizzato dall’Associazione Guide Alpine Val Masino  Val di Mello “Il Gigiat” e promosso e sostenuto dal Collegio Guide Alpine Lombardia. Il convegno, che si terrà a Sondrio sabato 28 novembre 2015, è aperto a tutti e costituisce la prima fase del progetto “Inverno Sostenibile”.

L’Associazione Guide Alpine Val Masino – Val di Mello “Il Gigiat”, Associazione di Promozione Sociale da sempre attenta alle problematiche legate al territorio e alla sua conservazione, ha constatato come nell’ultimo decennio si sia registrato sul territorio provinciale ed extraprovinciale un netto incremento nella frequentazione degli ambiti montani in contesto invernale, legato per lo più alla pratica di attività ludiche e sportive. In particolare, appaiono in crescita considerevole le presenze umane in aree anche di notevole interesse naturalistico quali il Parco Regionale delle Orobie Valtellinesi, il Parco Nazionale dello Stelvio, i SIC e le ZPS della Rete Natura 2000 provinciale, zone poste all’esterno dei comprensori sciistici classici, generalmente serviti dagli impianti di risalita.
Oltre alle più tradizionali discipline invernali, quali ad esempio lo scialpinismo, hanno acquisito rilevanza numerica anche le escursioni con ciaspole (diurne e notturne), la fotografia naturalistica, le discese con gli sci in neve fresca, oltre a pratiche solo parzialmente regolamentate, quali l’eliski e le gite in motoslitta.

La fragilità degli ecosistemi montani, e in particolare della fauna nella fase di svernamento, è ben documentata dalla letteratura scientifica e il rischio di compromissione del patrimonio naturalistico è sicuramente concreto in assenza di consapevolezza e regolamentazioni condivise e univoche. Allo stato di fatto, del resto, la molteplicità di interessi rappresentati dalle varie categorie di utenti e le esigenze implicite di alcune delle attività più impattanti si traducono spesso in conflitti nell’utilizzo degli spazi, complice anche l’oggettiva mancanza di controlli e di informazione. Si rende quindi ancora più necessaria una maggiore “educazione all’ambiente”, che passi attraverso azioni di sensibilizzazione su questi temi rivolte ai fruitori della montagna e soprattutto ai giovani.
Nasce da questa riflessione il progetto “Inverno sostenibile“, che prevede, in sinergia con tutte le realtà territoriali sensibili a queste problematiche, diversi appuntamenti. Il primo è il convegno “Le Alpi in inverno, conservazione della natura e attività turistiche: c’è spazio per tutti?” in programma il 28 novembre 2015 presso l’Auditorium Torelli di Sondrio.

Il convegno, moderato da Franco Brevini, professore dell’Università di Bergamo e giornalista del Corriere della Sera, prevede l’intervento di diverse Guide Alpine, tra cui Maurizio Folini, Antonio Perino e Alessandro Gogna, del Past Vicepresidente generale del Club Alpino Italiano Vincenzo Torti e di esperti faunistici, della gestione turistica e delle aree protette. Saranno analizzati gli esempi di alcune realtà territoriali italiane, quali quelle della Valchiavenna, della Valgrisenche e della Valle Maira, ed estere, come quella svizzera.
Scopo del convegno, promosso dal Collegio Guide Alpine Lombardia, è quello di dare il via a tavoli di lavoro per sensibilizzare e coinvolgere i vari portatori di interesse con lo scopo di trovare una proposta di zonizzazione condivisa e sostenibile, quanto meno per alcune attività di maggior impatto quale per esempio l’eliski.

Seguiranno poi nei primi mesi del 2016 altre attività a scopo divulgativo. Sono previste infatti 5 serate pubbliche rivolte alla cittadinanza che tratteranno le problematiche legate alla fauna alpina in inverno e metteranno in luce le modalità più consone per vivere l’outdoor rispettandola, e poi un progetto educativo che coinvolgerà 5 classi di scuole secondarie di secondo grado fra Sondrio, Tirano e Morbegno.
L’auspicio è che l’esperienza di “Inverno Sostenibile” diventi stimolo, punto di partenza, esempio perché a livello regionale e nazionale si possa arrivare in poco tempo a scelte condivise, coerenti, volte a garantire maggior salvaguardia ambientale e ad escludere l’insorgenza di aspri conflitti nell’uso del territorio.

È gradita conferma di partecipazione al convegno segnalando il proprio nominativo all’indirizzo mail invernosostenibile@guidealpine.net entro il 26/11/05.

Per informazioni e programma del convegno:
www.facebook.com/invernosostenibile
www.invernosostenibile.guidealpine.net

Volpe, tentativo numero 6

Scrivo in diretta da Avelengo dove sono appostato già da qualche ora sperando di riuscire a fotografare la volpe. L’ho già vista almeno altre due volte qui (una terza penso fossero i suoi occhi a brillare nel buio ma non ne sono certo) e speravo oggi fosse la volta buona.

Circa 20 minuti fa ho sentito quello che, con buona probabilità, dovrebbe essere il suo verso. Cosa che ritengo probabile anche per il gran vociare delle ghiandaie che sembravano essere alquanto agitate. In realtà penso che le volpi fossero addirittura 2 perché il verso proveniva da due diverse direzioni. L’emozione è salita a 1000, tanto che ho mandato entusiasici messaggi a mia moglie e ad Anita che oggi è a dilettarsi con la paesaggistica.

Sentivo quel verso in modo chiaro, vicino, anche se proveniente dal margine del bosco opposto a dove io mi trovo. Scruto l’altro lato del prato con l’obiettivo e ad occhio nudo… ancora non si vede nulla. Poi d’un tratto un rumore che di naturale ha ben poco: è un’auto. Probabilmente il futuro padrone della baita che stanno ricostruendo (incendiatasi qualche anno fa) è venuto a vedere come procedono i lavori. È rimasto poco, forse 5 massimo 10 minuti, sufficienti però ad allontanare per l’ennesima volta l’animale che con pazienza stavo aspettando.

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Resto qui ancora un po’, ma l’ottimismo di poco fa è drasticamente sceso. Dubito arriverà qualcosa, anche solo un capriolo. La scorsa domenica non è andata molto diversamente… proprio verso quest’ora una femmina capriolo si accingeva a pascolare nel prato sottostante, quando 3 spari di fucile molto vicini l’hanno messo in fuga.

Oggi se non altro è una bellissima giornata, calda (anche troppo per essere l’8 di novembre) ed ho visto da vicino un astore o uno sparviere che si è infilato nel bosco proprio sopra la mia postazione. Inoltre una cincia bigia è venuta a farmi visita a meno di mezzo metro ed ho sentito distintamente il richiamo del picchio nero. La volpe? È solo questione di tempo!

Appostamento alla volpe

Ho deciso che il mio prossimo obiettivo sarà la volpe. Mi ha sempre affascinato questo scaltro animale; ed anche se spesso è abituato alla presenza dell’uomo, come testimoniano decine di immagini che ogni giorno vengono pubblicate su forum e social, nei “miei” boschi non mi aspetto di vederla avvicinarsi a pochi metri come accade invece altrove. E’ comunque viva la speranza di riuscire nel mio intento di riprenderla come si deve perlomeno in una bella immagine ambientata.

Stamattina sveglia alle 4.30 (vabbè… con il cambio dell’ora non è stata così tragica) per essere nuovamente in loco prima che facesse giorno. Dopo un breve scambio di parole con un guardiacaccia che credeva fossi lì con altri scopi («Dove sono i fucili?», mi chiedeva), eccomi nuovamente appostato.
L’alba questa mattina è stata emozionante; per oltre mezz’ora il sole che nasceva ha infuocato le nuvole con mille sfumature. Ma non volevo rischiare di uscire per qualche scatto a scapito dell’appostamento.

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Fino alle 9.30 è stato un nulla di fatto. Ma mentre stavo lì, nascosto ad ascoltare i rumori intorno a me, ho sentito uno strano verso. Così, visto che non si muoveva nulla, ho deciso di fare un giro per controllare la situazione nei dintorni.
E, come temevo, ecco che nel prato dove l’abbiamo vista la scorsa domenica, la volpe era intenta nella caccia di piccoli roditori.

Volpe

Il posto dove abbiamo preparato il capanno, sebbene sia molto scenografico, probabilmente è un po’ troppo paludoso e quindi scarso di micromammiferi. Alla fine oggi sono riuscito solo in questo scatto da lontano… vedremo domenica prossima se andrà meglio!

Colori d’autunno

Quella di questa mattina è ormai la quarta uscita di fila che faccio a vuoto dal punto di vista fotografico. Ma so che il tempo a mia disposizione non è molto e anche se i risultati si fanno attendere sono comunque felice delle esperienze vissute nonché dell’esperienza e della sicurezza che sto man mano acquisendo.

Lo scorso fine settimana con Anita siamo stati ad Avelengo, nei pressi di una radura dove questa primavera abbiamo individuato una presunta tana di volpe. Immersi nella nebbia abbiamo atteso e ad un tratto l’abbiamo vista… ma lontana. Così questa mattina ho tentato l’appostamento.
Armato di torcia, poco dopo le 6 del mattino, ho raggiunto un capanno di fortuna costruito la volta scorsa con dei rami secchi trovati nei dintorni, dove poi ho atteso nella speranza di vedere qualche animale.

Purtroppo nel prato sottostante stanno ricostruendo una baita che qualche anno fa era andata in fiamme. Infatti poco dopo il sorgere del sole sono arrivati alcuni operai che con auto, martelli e radio hanno reso vane le mie aspettative.
Ciò comunque nulla toglie alla bellezza del paesaggio autunnale in cui ero immerso, che ha mostrato i suoi caldi colori ai primi raggi del sole. Ecco la scena che mi sono trovato davanti, fotografata con l’iPhone ed elaborata con Instagram.

Colori autunnali ad Avelengo

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