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Caffè in cialde… ecologico?

Come ben saprete, ormai da qualche anno le tradizionali moka e, più di recente, anche le macchine da espresso casalinghe sono state largamente sostituite dai sistemi a cialde o capsule. Ce n’è un po’ per tutti i gusti, ma i sistemi che vanno per la maggiore sono senza dubbio Lavazza, Illy e Nespresso. Ci sono poi prodotti più di nicchia, come il caffè Schreyögg (dell’omonima azienda di Parcines, a pochi km da Merano) che ad esempio utilizziamo in ufficio e che però prenderò in considerazione solo in modo marginale…
Questo “nuovo modo” di preparare un caffè ha degli indubbi vantaggi in termini di tempo e pulizia. C’è però il rovescio della medaglia: se una normale confezione di caffè tradizionale era costituita dal solo involucro esterno, ogni capsula/cialda ha ora un certo “peso” in termini di rifiuto generato.
Ma è così per tutte le marche di caffè? In realtà no…

Confezioni e cialda di Lavazza Espresso point

Fino ad ora ho avuto modo di sperimentare tre diverse tipologie di sistemi a capsule/cialde. Il meno ecologico di tutti si è rivelato il sistema Espresso point di Lavazza (foto a lato), destinato prevalentemente ad un utilizzo da ufficio, dove ogni confezione è costituita da due capsule in plastica contenute in una confezione chiusa ermeticamente. Con questo sistema risulta pressoché impossibile separare il caffè dal suo involucro; di conseguenza la quantità di rifiuti prodotti è davvero notevole e peraltro finisce tutto quanto nel normale rifiuto solido urbano in quanto il conferimento di materiale plastico al centro riciclaggio prevede (almeno da noi) che quest’ultimo sia pulito.
Recentemente in ufficio si è deciso di sostituire Lavazza con il caffè Schreyögg e la macchina che utilizziamo ora in ufficio è simile a quella di molti sistemi che sono ora sul mercato: le cialde sono in carta (simili a quella delle bustine per tè) e di conseguenza possono essere smaltite nell’umido organico, ma ognuna di esse è confezionata nella sua confezione ermetica che finisce immancabilmente nell’RSU.

Il sistema che ho scelto per casa, e che ritengo il migliore, è invece quello della Nespresso. Oltre all’innumerevole scelta di caffè (16 diversi aromi di cui 3 decaffeinati) e la qualità delle macchine, Nespresso ha di buono che la confezione è interamente riciclabile: le capsule sono spedite in un imballaggio di cartone contenente le confezioni da 10 capsule realizzate in carta. E’ vero che, una volta usate, molti buttano le capsule nella normale immondizia, ma queste sono fatte di alluminio, riciclabile al 100%, ed il contenuto ovviamente può essere smaltito nell’umido organico o utilizzato come concime per le piante. Basta prendersi la briga ogni 3-4 giorni, come faccio io, di spendere 5 minuti per aprire le capsule, tirar fuori il contenuto e dare una sciacquata per rimuovere il residuo di caffè…

Nestlè a livello mondiale ha avviato anche un programma di raccolta delle capsule usate; purtroppo – come al solito? – in Italia non è al momento possibile prendervi parte. Mi risulta peraltro che alcuni negozi nelle grosse città avessero messo a punto dei piccoli progetti di riciclo delle capsule usate, ma han dovuto desistere in quanto la legge italiana non permette ad aziende non autorizzate di provvedere allo smaltimento di rifiuti.
Ciò nonostante, il sistema Nespresso con un po’ di buona volontà risulta essere al momento il sistema più ecologico e, se quanto indicato sul sito è vero, c’è un impegno da parte dell’azienda ad utilizzare in buona parte (con l’obiettivo dell’80% entro il 2013) solo caffè proveniente da coltivazioni aderenti al programma AAA Susteinable Quality in collaborazione con Rainforest Alliance.

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