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Fantasmi nel buio

Ore 4.00 del mattino di mercoledì, la sveglia suona e in meno di 20 minuti sono pronto: zaino fotografico, vestiario mimetico, impermeabile. Fuori pioviggina, ma l’appuntamento è troppo importante per rinunciare. Scendo e nel parcheggio c’è Anita con il suo Vito Marco Polo ad attendermi… si parte alla volta della Val Venosta.
Nonostante non ci sia traffico impieghiamo circa 1 ora e mezza ad arrivare a Trafoi, lungo la strada che porta al Passo dello Stelvio all’interno dell’omonimo parco nazionale.

Sono quasi le 6 del mattino… Anita spegne il furgone, apriamo i finestrini ed in silenzio rimaniamo qualche minuto ad ascoltare. Intorno a noi è tutto completamente buio ad eccezione delle luci del paesino e della chiesa che si trova poche decine di metri più avanti. Indossiamo gli scarponi, l’impermeabile, prepariamo l’attrezzatura e silenziosamente ci incamminiamo verso NaturaTrafoi, il centro visite in questa zona del parco.
Mentre percorriamo quel breve tratto di strada si cominciano a sentire le prime grida. Per me è in assoluto la prima volta e non vi è dubbio che se non sapessi di cosa si tratta sarei portato a pensare che sia il lamento di fantasmi che si aggirano nel buio della notte. Sono vicine, molto vicine, ben più di quanto mi aspettassi. La pioggia, che nel frattempo è arrivata anche qui, e la mancanza della luna per il cielo coperto contribuiscono a creare un’atmosfera ancora più spettrale.

Siamo alle porte del centro visite dove ci attende la guida Kurt che poco prima abbiamo visto arrivare con la sua auto. Nella penombra non riesco a distinguere i suoi tratti somatici per via del cappello verde che indossa per ripararsi dalla pioggia; l’unica cosa che riesco a percepire bene sono le mani segnate da anni di lavoro che reggono la prima di molte altre sigarette che fumerà durante il resto della mattinata. Mi presento sottovoce, Anita lo saluta (si sono già conosciuti la settimana prima) ed insieme prestiamo attenzione ai suoni che provengono dal prato… emozionante!
Ci spostiamo dall’altro lato dell’edificio. Kurt estrae un tubo di plastica a forma di cono e con nostra sorpresa inizia ad emettere gli stessi suoni che provengono dal prato. In men che non si dica si instaura un vero e proprio dialogo tra lui ed uno dei maschi dominanti che lentamente si avvicina a noi. Riusciamo quasi a scorgerlo nel buio, ma in breve si allontana e scende al fiume per risalire il pendio lungo il versante opposto, probabilmente seguito dalle femmine.

Questa è la mia primissima esperienza con il bramito del cervo e, nonostante non sia ovviamente riuscito a scattare nessuna foto in quei pochi minuti, non posso descrivere l’emozione che si prova nel sentire quel richiamo profondo che rieccheggia nel bosco.

La luce del giorno comincia a rischiarare il paesaggio nonostante il cielo plumbeo. Le cime del gruppo dell’Ortles sono parzialmente innevate con le nubi che ne lambiscono le pareti. Intorno a noi è calato il silenzio: i pochi suoni che si sentono sono lo scorrere del torrente ed i primi rumori del paese che si risveglia. Non si riesce ancora bene a distinguere il versante opposto della stretta valle, ma i cervi devono essere lì!
Passa ancora del tempo e finalmente la luce rischiara la vista. Osserviamo con attenzione la mugheta di fronte a noi e vediamo spuntare tra gli alberi spunta una prima femmina di cervo. Poco dopo ne individuiamo altre due ed un giovane. Pascolano lì, di fronte a noi seppur a debita distanza, ma stranamente non si vede nessun maschio; forse controlla il suo harem nascosto dietro ad un larice.

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Sono quasi le 8 quando un bel maschio robusto si vede comparire brevemente sopra ad un costone. Sparisce quindi tra gli alberi e riappare poi di fronte a noi fermandosi con lo sguardo rivolto nella nostra direzione. Bellissimo!
Si fa ammirare per pochi secondi per poi sparire di nuovo; Anita riesce a scattargli qualche bella foto, mentre io mi mangerò le mani poco dopo perché la mia Canon 7D a 800 ISO non mi consente di avere la qualità di cui avrei bisogno. Senza contare peraltro che a questa sensibilità ISO e con un diaframma aperto a f/4 i tempi sono appena di 1/40″.
Una femmina si affaccia su di una piccola radura poco più a destra… sarà seguita dal maschio? Guardiamo bene attraverso i nostri obiettivi e scorgiamo il palco (o il “trofeo”, come lo chiama Kurt) tra i rami di un albero… eccolo di nuovo. Finalmente riesco a fotografarlo anch’io anche se sembra si diverta a giocare a nascondino.

Cervi al pascolo

Il concerto riprende e nuovamente la voce dei grossi maschi dominanti riempie l’aria.
Rimaniamo a Trafoi fino alle 11; Kurt, la guida, è sempre lì a farci compagnia e dimostra il suo incrollabile entusiamo nonostante possa godere di questo spettacolo della natura da moltissimi anni. «Porzelana!», esclama ripetutamente, «Quello è l’8! Ma dove è il 12?» (riferendosi alle punte del palco). E nel frattempo risponde a tutte le nostre domande sulle abitudini dei cervi, sulle loro caratteristiche fisiche, sul modo di avvicinarli, raccontandoci anche alcuni aneddoti di esperienze da lui vissute nel periodo del bramito.

Tirando le somme, al termine della mattinata (quasi sempre accompagnata da una leggera pioggerellina) avevamo visto con buona probabilità tutti i maschi presenti nella zona: 4 o 5, di cui uno molto giovane ancora al di fuori della giostra degli amori ma anche il tanto sospirato “12 punte” che si è fatto vedere proprio quando stavamo per andare via.

Esperienza bellissima, ma la speranza ora è quella di riuscire a fotografarli più da vicino allo stato selvatico (a differenza di molti scatti che, ci conferma lo stesso Kurt, sono fatti nei recinti). Il tempo del bramito si è quasi concluso… nel fine settimana faremo un ultimo tentativo, altrimenti l’appuntamento sarà rimandato al prossimo anno, magari con un pochino di esperienza in più.

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